È Natale ed è già Pasqua
«Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Luca 2,49
Nella domenica dopo il Natale si celebra la festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Le letture proposte dalla liturgia riguardano soprattutto il tema del figlio.
La prima lettura (1Samuele 1,20-22.24-28) racconta la vicenda di una donna sterile che chiede al Signore, con insistenza, il dono di un figlio, finché viene esaudita. Si chiama Anna – nome che in ebraico vuol dire “grazia” – ed è effettivamente l’immagine della grazia di Dio, cioè del dono generoso che Dio fa. Questa donna, che riconosce che la nascita di quel figlio è un dono, chiama il bambino Samuele, che in ebraico significa “richiesto a Dio”, e lo offre al Signore. Quel bambino verrà chiamato da Dio e diventerà un grande profeta.
Proprio su questo ritorna il Salmo 83 dicendo che è «beato chi abita la casa del Signore», come ha fatto Samuele in tutta la sua vita. E l’apostolo Giovanni, nella seconda lettura (1Giovanni 3,1-2.21-24), ricorda che – grazie a Gesù Cristo – siamo anche noi diventati figli di Dio e partecipiamo della sua stessa vita divina.
Luca, nel brano del Vangelo (2,41-52), racconta l’episodio di Gesù dodicenne nel tempio e le difficoltà incontrate da Maria e Giuseppe nel comporre il loro modo di interpretare la vita familiare con le esigenze di libertà rivendicate da Gesù. L’evangelista dice chiaramente che i genitori «non compresero ciò che Gesù aveva detto loro»; non riuscirono cioè a capire il senso di quelle parole, che effettivamente erano strane.
Maria, in particolare, pone una domanda: «Figlio, perché?». È la stessa domanda che si faranno gli apostoli nel dramma della morte di Gesù: «Perché la sofferenza, perché la croce, perché la morte?». La risposta del bambino è spiazzante: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Quel bambino ha già le idee chiare sulla sua vita, sul senso della sua esistenza.
In quella domanda che pone Maria ci sono le domande di tantissime madri: «Figlio, perché?». C’è l’angoscia della nostra esistenza, c’è il dolore dei genitori quando si accorgono che i figli non sono una loro proprietà ma prendono un’altra strada e scelgono una vita che è loro.
Ci vuole molto silenzio per riconoscere il mistero che c’è in ogni persona. E poi molta delicatezza per rispettarlo. E ci vuole molto silenzio, ancora, per capire che ciascuno è chiamato a «essere nelle cose del Padre».
Maria e Giuseppe trovano Gesù il terzo giorno: è il giorno della Pasqua, è il momento dell’incontro, è il momento del chiarimento! È Natale ed è già Pasqua, si potrebbe dire. «Accogliere il bambino» non significa semplicemente un quieto vivere, godersi la tranquillità familiare… Noi, con l’umiltà di Giuseppe e di Maria, continuiamo a cercarlo e, anche se non comprendiamo, custodiamo la sua Parola e gli chiediamo di capire cosa vuole da noi, dalle nostre famiglie e, con grande semplicità, gli diciamo la nostra disponibilità a fare quello che lui vuole.