Siamo entrati con questa domenica nel tempo liturgico che segue immediatamente la memoria del martirio di san Giovanni Battista e che ci accompagnerà per alcune settimane, mantenendo il riferimento ideale alla sua figura di annunciatore e di profeta scomodo. In effetti la sua morte è legata a una serie di circostanze che ce lo presentano come colui che, avendo denunciato apertamente il comportamento del re Erode, viene giustiziato in carcere in modo insensato e ingiusto. Ma Erode, dopo aver sentito ciò che il Signore Gesù stava compiendo e riconoscendo molti aspetti dell’opera e della predicazione di Giovanni Battista, è come preso da un dubbio, forse anche da un rimorso: «Giovanni l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?».
Dunque Giovanni Battista è colui che paga con la vita la capacità e il coraggio di parlare apertamente e liberamente, anche contro i potenti, contro il re Erode. San Paolo, nella Lettera agli Efesini, rende esplicito il senso ultimo di questo comportamento, legato alla decisione di restare fedeli alla verità e al bene: «Comportatevi come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente».
Il contesto della città di Efeso era certamente molto complesso e si prestava alla possibilità di comportamenti ambigui o falsamente tolleranti, con il rischio di accettare cose profondamente contrarie al Vangelo. San Paolo dunque invita i cristiani a non stare zitti, in uno spirito di discernimento, rifiutando apertamente quelle che lui stesso definisce le «opere delle tenebre». Si tratta dunque di diventare poco condiscendenti, di non colludere col male e con chi lo compie, cioè di diventare scomodi e capaci di “parresia”, cioè di denuncia aperta del male. È esattamente la scelta di Giovanni Battista e di tutti coloro che come lui, da veri discepoli e annunciatori del Vangelo, sono disposti a correre il rischio di essere emarginati o addirittura perseguitati a causa della parola di verità.
Anche il testo del profeta Isaia descrive una sorta di rovesciamento delle parti, in riferimento a coloro che sono rimasti fedeli a Dio e contro invece coloro che si sono resi suoi nemici: «Ecco, i miei servi mangeranno e voi avrete fame; ecco, i miei servi berranno e voi avrete sete; ecco, i miei servi gioiranno e voi resterete delusi». Sembra quasi di ascoltare le parole delle beatitudini in anticipo di qualche secolo, in vista di ciò che Dio presto realizzerà, cioè un futuro descritto come nuova creazione: «Io creo cieli nuovi e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio». Ecco dunque ciò che attende coloro che rimangono fedeli a Dio e che la voce di tutti i profeti ha preannunciato.