Ascoltare il Signore,gridare la salvezza
«Giovanni battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati». Marco 1,4-5
Tuona ogni anno, nella II domenica di Avvento, la «voce» potente e ispirata del precursore Giovanni, il grande profeta del Messia: torna nella Liturgia il riferimento a «ciò che dice Dio, il Signore; Egli dice Pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per quanti si convertono a Lui di cuore». Si riassumono in queste parole del Salmo 84 (Responsorio) i grandi temi dell’Avvento, tempo di conversione: tutta la storia attende la venuta del Figlio, «l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo», «Colui che è, che era e che viene»; a Lui «lo Spirito e la Sposa dicono: “Vieni”» ed Egli assicura: «Sì, vengo presto» (cfr. Apocalisse 22,13-20). Lui solo è il «Principe della Pace» (cfr. Isaia 9,5), l’Unico che può donarla a noi e ai nostri giorni; la Chiesa, Madre e Maestra, rinnova oggi per bocca dell’apostolo Pietro l’invito a vegliare, risuonato nella I domenica di Avvento: il tempo è breve, perché «davanti al Signore mille anni sono come un giorno solo»; «il giorno del Signore verrà come un ladro» ed è urgente, «nell’attesa», «fare di tutto perché Dio ci trovi in Pace, senza colpa e senza macchia».
«Egli non ritarda nel compiere la sua Promessa» (II lettura, 2Pietro 3), che ha attraversato la storia dal momento della creazione, nonostante le innumerevoli infedeltà delle creature umane, per realizzarsi pienamente in Cristo: l’annuncio del profeta Isaia, che ci viene consegnato nella I lettura e che il Vangelo, offrendoci l’incipit marciano (Marco 1,1-8), richiama esplicitamente, è annuncio di gioia grande e di perdono copioso. Il Signore, «il nostro Dio, parla» a ciascuno di noi e ci incoraggia: «Consolate il mio popolo, parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua colpa è scontata».
Nell’essenzialità di una vita povera e umile, integralmente consegnata a Dio, «il messaggero» che il Signore «ha inviato innanzi» a «preparare la via» accoglie personalmente l’invito a farsi «voce che grida nel deserto» per «proclamare» una salvezza potentissima, portata da «Colui che viene dopo ma è più forte» ed è capace di «battezzare in Spirito Santo».
Si ripete nella versione ebraica di Isaia e nel testo greco del Vangelo il riferimento al “gridare”, che nella Scrittura dice gioia, vita, vocazione, identità piena: Giovanni non è un censore che rimprovera e giudica, ma un innamorato di Dio, un profeta inviato al «popolo che cammina nelle tenebre» (Isaia 9,1); il suo è l’urlo di esultanza di chi ha riconosciuto il Signore «fin dal grembo materno» (Isaia 49,1; cfr. Luca 1,41-44), ha creduto in Lui e ha compreso, nella fede, la propria missione; nel grido straripa una gioia grande e una urgenza incontenibile, lo zelo perché ogni fratello viva la vera conversione che apre ad accogliere la salvezza; quelgrido della «voce» mira non a rimanere imponente, ma a spegnersi per lasciare posto alla Parola che la voce proclama, l’unica che rimane eterna e immutabile, il Cristo, vera Vita: «Egli deve crescere e noi diminuire» (Giovanni 3,30).