Il risorto ha in sé le stigmate della croce
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Giovanni 20,19-31
L’episodio di Tommaso, l’apostolo che da incredulo diventa credente dopo aver toccato con mano le ferite del risorto, è tra gli episodi più amati, dall’arte e dalla gente, come non avere di fronte ai nostri occhi lo stupendo quadro del Caravaggio, che ci ha fatto vedere meglio e di più quell’episodio?!
È amato perché tutti capiamo i dubbi di Tommaso, tutti simpatizziamo con la sua umanità. Il cristianesimo è diventato una grande religione popolare, è entrato dentro la vita delle persone ordinarie e delle masse, anche per l’umanità dei suoi co-protagonisti: i tradimenti e i pentimenti di Pietro, la conversione del persecutore Saulo nell’apostolo Paolo, i dubbi di Tommaso che per credere vuole toccare. E forse tanti, forse tutti, abbiamo invidiato Tommaso che grazie ai suoi dubbi ricevette il dono di una epifania personale di Gesù; almeno una volta forse ogni credente avrebbe voluto un’apparizione di Dio a confermare la sua poca e fragile fede.
E se il Vangelo ha voluto custodire questo episodio, non semplice da narrare (Tommaso si trova in una situazione scomoda), è perché ha riconosciuto legittimi i dubbi di fede come quelli di Tommaso. Si può giungere alla fede, o ritrovarla, anche attraverso la via di Tommaso. Si può arrivare alla fede anche usando le mani: il tatto è un buon senso della fede.
In realtà, questo episodio contiene elementi essenziali per comprendere alcune dimensioni che si nascondono nel cuore del mistero cristiano. Innanzitutto, Gesù appare agli apostoli con un corpo risorto che conserva le ferite della passione. Il Gesù che è risorto è il crocifisso, è l’uomo del Golgota. Non un altro. L’uomo appeso al legno come un maledetto non era un altro, non era un sostituto che aveva preso il posto di Gesù di Nazaret, come alcune tradizioni gnostiche invece ritenevano. No: il risorto è proprio quello che era stato crocifisso poco tempo prima. La resurrezione non cancella i segni, le stigmate, le ferite della passione. Le trasforma, le sublima, ma sono ancora lì, tanto che possono essere ancora toccate con mano.
LA VERA PROVA.
Tommaso, infatti, per credere nella resurrezione vuole proprio vedere le ferite delle mani, vuole mettere il dito nel segno dei chiodi e nella piaga del costato. Per lui è quella la prova, come a dire che il risorto è vero se è vero il crocifisso. Sono molte le resurrezioni senza il Golgota, e quindi finte resurrezioni. La resurrezione cristiana comincia sul Golgota e finisce nel sepolcro vuoto, e quindi è vera se non amputiamo la sua prima parte. Ma c’è di più. Se Tommaso ha riconosciuto il risorto dalle sue piaghe, se quindi il risorto, che non muore più, ha su di sé i segni della passione, allora è probabile che noi nella storia molte volte non abbiamo riconosciuto il risorto, e continuiamo a non riconoscerlo, perché pensiamo che la resurrezione sia la fine delle piaghe. Così, non appena vediamo piaghe e ferite, ci voltiamo altrove, in cerca del risorto. Se il risorto ha in sé le stigmate della croce, fuggire dalle ferite è fuggire dal risorto. Troppe volte neghiamo il risorto semplicemente perché lo cerchiamo nei luoghi sbagliati.