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sabato 15 marzo 2025
 
Rito romano Aggiornamenti rss don Gianni Carozza

II Domenica di Quaresima - 28 febbraio 2021

Mosè ed Elia raccontano Gesù

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. Marco 9,2-10

 

Quando la vita ci fa iniziare un’ascesa verso la cima di un alto monte, all’inizio non sappiamo se in cima ci attendono tre tende o tre croci. Non possiamo sapere se a dialogare con noi saranno due ladroni o Mosè ed Elia. Il mestiere del vivere, che si apprende lungo tutta l’esistenza, consiste nell’imparare a stare bene sia sui Tabor che sui Golgota.

In uno degli episodi centrali dei Vangeli, che la tradizione ha chiamato la Trasfigurazione, Pietro, Giovanni e Giacomo sono testimoni di una delle rivelazioni più forti dell’identità di Gesù, affidata alle parole della voce («Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!»), ma anche al nome degli interlocutori di Gesù. Ogni identità è un dialogo, è una relazione, è un bene relazionale, perché sono gli altri che rivelano a noi e agli altri chi siamo veramente.

Gesù si trova in mezzo a due figure amatissime dal popolo ebraico, Mosè icona della Legge ed Elia immagine della tradizione profetica - “la Legge e i profeti”. I due uomini che in qualche modo erano sfuggiti alla morte ordinaria di tutti. Elia fu rapito in cielo, e di Mosè non è mai stata trovata la tomba. Possono dialogare con Gesù perché, in un certo senso vero, erano ancora vivi.

Mosè ha avuto un rapporto tutto speciale con Dio, forse quello tra gli uomini che più lo ha conosciuto. La Bibbia lo chiama «amico di Dio» (Esodo 33,11). Per la tradizione midrashica, mentre Mosè esala l’ultimo respiro YHWH lo bacia sulla bocca, continuando FIno alla FIne quel dialogo «bocca a bocca» misterioso e unico.

Elia è una FIgura eccezionale, tra storia e leggenda, straordinaria nelle sue luci e nelle sue ombre. Non ci ha lasciato nessun libro, ha parlato poco, i Libri dei Re gli dedicano solo pochi capitoli. Eppure la sua figura, con quella di Mosè, è molto presente e amata nella tradizione biblica, in molte chiese cristiane, nell’Islam. Ha ispirato la storia dell’arte, la musica, la letteratura – basterebbe evocare solo il nome del capitano Achab di Moby Dick. Amatissimo dai poveri, dalle tradizioni monastiche, dai mistici e dagli amanti della preghiera.

 

UN POSTO IN PIÙ.

 

Non c’è nome più presente di quello di Elia nei Vangeli (non solo in Marco), che ci hanno raccontato chi è Gesù avendo sullo sfondo la sua figura. Nella celebrazione della Pasqua ebraica, le famiglie lasciano un piatto apparecchiato in più e una sedia vuota: sono per Elia, perché potrebbe sempre arrivare – perché, forse, arriva sempre. Elia è profeta amatissimo dalla gente perché è profeta dell’acqua e del pane, delle vedove e dei gli morti resuscitati.

Quando l’ebreo della Palestina leggeva che Gesù su quel monte alto (forse il Tabor, forse l’Hebron) parlava con Mosè ed Elia, capiva immediatamente che quel rabbi di Nazaret non era semplicemente un maestro, né soltanto un profeta; era un uomo diverso e speciale, almeno quanto lo erano stati e lo erano ancora Mosè ed Elia. Non conoscevano ancora i dogmi trinitari, ma capivano immediatamente che quell’uomo, come Elia e Mosè, non era morto per sempre. Noi, che ormai abbiamo dimenticato i dogmi e ci siamo scordati chi è Gesù, ssiamolo un attimo mentre dialoga con Elia e Mosè, e facciamoci raccontare da loro chi era, chi è.


25 febbraio 2021

 
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