Beati noi tutti, poveri e figli amati
In quel tempo Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e loro insegnava dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra». Matteo 5,1-5
Entriamo oggi, con la IV Domenica del Tempo Ordinario, nel cuore del messaggio matteano: si apre il cosiddetto Discorso della montagna, il primo dei cinque grandi Discorsi di Gesù contenuti nel Vangelo di Matteo, il discorso programmatico (Matteo 5, 6, 7) che ci accompagnerà fino alla Quaresima. Ci ha introdotti il tema della Giustizia (I Domenica T.O.), nella novità della venuta del Messia; ci hanno accompagnati la santità (II T.O.) e la Luce che vengono dal Cristo (III T.O.), che rischiara e chiama alla Verità e alla Vita senza fine ogni popolo, ogni uomo e ogni donna, indipendentemente dalla sua origine o dal suo passato. Oggi (IV T.O.) sono al centro i poveri, prediletti del Signore: le liturgie ci hanno guidati a riconoscere noi stessi come tali e ad accogliere con gratitudine e zelo il regalo inestimabile della figliolanza, che ci ha rivestiti, nel Battesimo, quali eredi del Re. San Paolo nella II lettura (1Corinzi) ci invita a «considerare la nostra vocazione»: non si tratta del risultato della nostra «sapienza» umana, «potenza» o «nobiltà» di stirpe, ma è un dono immeritato e gratuito.
Il Signore «ha scelto» «ciò che è stolto per il mondo», «ciò che è debole», «ignobile e disprezzato», «ciò che è nulla, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a Lui noi siamo in Cristo Gesù». Egli «per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione». Se solo si aprissero i nostri occhi alla ricchezza di queste parole, che descrivono la grandiosità della nostra chiamata! Quale dono ineffabile, che passa proprio per la nostra povertà! Comprendiamo allora perché il profeta Sofonia (I lettura), rivolgendosi a «tutti» i «poveri della terra», li inviti a «cercare l’umiltà», che è porta della fede, insieme alla «giustizia». Il Salmo 145 (Responsorio) chiarisce che questa si trova solo presso Dio: è Lui che «rende Giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati, libera i prigionieri, rialza chi è caduto, protegge i forestieri, sostiene l’orfano e la vedova ma sconvolge la via degli empi». «Il Signore ama i giusti», acclama il salmista: la Sua Giustizia è il Dono grande della liberazione da ogni schiavitù, della chiamata a una Vita degna, quella dei figli. Questa Vita si riversa con tutta la sua abbondanza proprio sui «poveri»: quanti sono «nel pianto», i «miti», chi ha «fame e sete di giustizia», i «misericordiosi», i «puri di cuore», gli «operatori di pace», «i perseguitati per la giustizia».
AMICI DI DIO
Questi «poveri», che Sofonia individua come coloro che «eseguono gli ordini del Signore», Gesù nel Vangelo di oggi li dichiara «beati», assicurando che il Regno dei Cieli è loro. L’amicizia con Dio e la vera beatitudine passano nel mondo per l’umiltà profonda e per l’anelito alla Giustizia autentica, un dono e un compito che ci investe in quanto figli amati nel Figlio e fratelli tra di noi. Questo non allontana le persecuzioni, tutt’altro: ci colloca nella stessa posizione del Cristo. E Gesù dice che proprio noi siamo beati quando in nome di Lui accogliamo le istanze della Giustizia voluta da Dio e le sofferenze che essa genera. In questo, e non nell’apprezzamento del mondo, è la vera Gioia: rallegriamoci, i nostri nomi sono scritti nei Cieli!