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venerdì 18 aprile 2025
 
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Cardinale arcivescovo e biblista

Le tante croci della nostra vita

Cristo sul Calvario incontra la Madre e la Veronica. Francesco Bonsignori, (1455 -1519 ca.), Firenze, Bargello (Scala).
Cristo sul Calvario incontra la Madre e la Veronica. Francesco Bonsignori, (1455 -1519 ca.), Firenze, Bargello (Scala).

"Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua."

(Luca 8,1-2)

Qualche lettore si chiederà: dov’è mai la difficoltà in questa frase che abbiamo sentito tante volte nelle prediche senza imbarazzarci, anche perché di croci da portare ne abbiamo non poche nella nostra vita quotidiana? Abbiamo voluto proporre questo lóghion – come lo chiamano gli studiosi – ossia questo “detto” lapidario di Gesù, per mostrare in verità quanto minuziosa debba essere la nostra lettura dei testi biblici, così da non perdere la ricchezza delle loro iridescenze tematiche e delle loro sfumature. Partiamo innanzitutto dal tema della frase pronunziata da Cristo.
L’espressione «venir dietro a me» (in greco opíso mou érchesthai) designa la sequela del discepolo che deve avere come emblema di imitazione il suo Maestro e Signore, muovendo i passi della vita sul suo stesso sentiero.
Questo percorso comprende due decisioni. La prima è il “rinnegare sé stessi”, ossia abbandonare l’egoismo e l’interesse personale. È ciò che non farà in quella notte drammatica san Pietro il quale, anziché “rinnegare sé stesso”, “rinnega” il suo Signore (Matteo 26,69-75; Luca 22,54-62).
La seconda scelta da compiere è quella di avviarsi sulla salita ardua del Calvario, pronti a essere coerenti fino alla fine, sacrificando ogni cosa, anche la stessa vita. Matteo presenta, infatti, questo detto di Gesù così: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua» (16,24).
Come è evidente, l’evocazione è quella della crocifissione; in altri termini, l’evangelista, che scrive a una comunità cristiana contestata e perseguitata, fa balenare davanti ai loro occhi anche il rischio del martirio, una scelta estrema da compiere sulla scia del suo Signore.

Diverso è il contesto a cui si rivolge Luca: i cristiani sono poveri e in gravi difficoltà nell’esistenza quotidiana. Ecco, allora, la variante che egli introduce per applicare la frase di Gesù all’esperienza che i suoi lettori stanno vivendo: il discepolo «prenda la sua croce ogni giorno e mi segua». Quell’“ogni giorno” è significativo perché evoca l’impegno che si deve assumere nelle vicende giornaliere. La “croce” diventa il simbolo di tutte le prove, le fatiche, i sacrifici, le sofferenze che gravano sulla vita e che il cristiano accoglie con fedeltà e costanza come segno della sua adesionesequela a Gesù.
È questa una sorta di legge evangelica, tant’è vero che più avanti Cristo ribadisce: «Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo» (Luca 14,27). E non è detto che sia meno impegnativo portare la propria croce ogni giorno rispetto all’atto estremo del martirio. È un po’ quello che affermava Pirandello in un suo dramma, Il piacere dell’onestà (1917): «È molto più facile essere un eroe, che un galantuomo. Eroi si può essere una volta tanto; galantuomini, si dev’essere sempre».


24 gennaio 2013

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