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venerdì 25 aprile 2025
 

«Convive, battezza il figlio, ma di matrimonio non vuole saperne»

Gentile direttore, approvo in pieno quanto espresso da don Alberto Albertazzi sul n.11 e le sue risposte. Le spiego perché. Le mie figlie sono felicemente sposate e madri praticanti. Ciò che non mi sta bene è il comportamento di mio figlio. Bravo ragazzo, onesto, gentile, lavoratore, convive da oltre due anni con una brava ragazza dalla quale ha avuto un figlio, luce dei suoi occhi, che adesso ha più di un anno e che a causa della pandemia stiamo vedendo crescere attraverso le foto dal telefonino.

Comunque, pandemia permettendo, l’estate scorsa è stato battezzato nella parrocchia di appartenenza: bella festa, bel momento di aggregazione familiare in chiesa e al ristorante anche con la famiglia della ragazza, con la quale abbiamo ottimi rapporti. Ma, e qui casca l’asino, alla mia domanda sulle intenzioni future, mio figlio mi ha risposto secco: «Papà, se ti riferisci al matrimonio, non se ne parla proprio!».

Quindi quella funzione in chiesa è stata solo una farsa, una presa in giro del sacramento del battesimo, una scusa per far festa e basta! Non sarebbe stato più logico, coerente e onesto farne a meno? Eppure mio figlio ha avuto la stessa educazione delle sorelle! O forse abbiamo sbagliato in qualche cosa? Questo bambino che tipo di educazione riceverà?

LETTERA FIRMATA

Dalla tua lettera, caro amico, emergono due problemi differenti, ma connessi. Quello delle coppie conviventi e quello del battesimo dei loro figli. Come genitore ti interroghi sull’educazione data, ma su questo punto bisogna ricordare che ogni persona ha la propria responsabilità, davanti alla società e davanti a Dio. Voi genitori avete fatto quanto avete potuto, e ne è prova il comportamento diverso delle sorelle. In questo momento il compito educativo è quello di non far mancare comunque l’affetto, la vicinanza, l’amore. Si possono ancora dare buoni consigli, ma ciò che conta di più è l’esempio che tu e tua moglie avete dato.

Circa la convivenza, purtroppo è una scelta dettata anche dalla società in cui viviamo, che non sopporta relazioni stabili e le responsabilità che richiedono. Papa Francesco nell’esortazione Amoris laetitia accenna anche ad altre cause: «l’influenza delle ideologie che svalutano il matrimonio e la famiglia, l’esperienza del fallimento di altre coppie che essi non vogliono rischiare, il timore verso qualcosa che considerano troppo grande e sacro, le opportunità sociali ed i vantaggi economici che derivano dalla convivenza, una concezione meramente emotiva e romantica dell’amore, la paura di perdere la libertà e l’autonomia, il rifiuto di qualcosa concepito come istituzionale e burocratico » (n. 40). Non bisogna abbattersi, ma trasformare anche la convivenza «in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo» (Al n. 294). Anche san Giovanni Paolo II parlava in questo senso di «legge della gradualità» (Familiaris consortio n. 34). Il battesimo di un figlio può essere un momento in vista di questo tentativo di avvicinamento. Ma che tipo di educazione riceverà il bambino? I nonni possono fare molto, con le parole e l’esempio. E anche i padrini, scelti bene, possono essere di grande aiuto nel cammino di fede.


23 aprile 2021

 
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