La nascita di Cristo dentro di noi
«Figli miei, che io di nuovo
partorisco nel dolore
finché Cristo non sia
formato in voi!». Galati 4,19
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Giovanni 1,14). Il centro e il vertice del grande prologo di san Giovanni, che ascoltiamo nella Messa del giorno, ci invita a riflettere sul grande mistero della Incarnazione che nel Natale celebriamo. La Parola eterna che ha creato il mondo, la Parola di Dio che è Dio in persona, si è fatta carne, ha assunto la nostra umanità, ha piantato la tenda in mezzo a noi, è venuto fra i suoi proprio nella sua terra, nella terra che ha creato, nel nella terra di Israele, del popolo che ha scelto e formato per secoli.
Quel Verbo di Dio che «era in principio» e che Giovanni ha contemplato nella profondità del mistero di Dio, ora ha preso la forma visibile e palpabile di un bambino appena nato. L’umanità, con la nascita di Gesù, ha avuto la possibilità di vedere e di toccare il suo Dio. Gesù è la più alta rivelazione di Dio, offerta nella nudità di un bambino.
Questo è il primo Natale. Ma c’è un secondo Natale, meno conosciuto, anzi pressoché ignorato, eppure altrettanto importante. Ne parla l’apostolo Paolo quando, scrivendo ai cristiani del suo tempo, rivolge loro queste parole: «Figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi!» (Galati 4,19), cioè finché Cristo prenda forma in voi. Ecco l’altro Natale di cui parla la Bibbia, quello in cui Cristo nasce non più in una stalla di Betlemme, ma in ciascuno di noi. Se esiste questo secondo Natale, allora si capisce subito che il primo Natale, quello di Betlemme, era solo una tappa, non la conclusione di un progetto: il termine siamo noi, nei quali Cristo deve «prendere forma ». Oggi nessuno potrà vedere Cristo sulla terra, nessuno saprà niente del suo volto, nessuno indovinerà il suo amore estremo se non ci saranno uomini e donne che siano trasparenza del volto di Cristo come Cristo lo è di Dio.
Ecco allora la domanda che l’altro Natale ci pone: possiamo dire che Cristo è nato in noi e che noi portiamo la forma di Cristo? Un cristiano prende la forma di Cristo se ama la povertà di Cristo, la libertà di Cristo, i gesti e le parole di perdono di Cristo.
Un cristiano prende la forma di Cristo quando ha la passione di portare ai fratelli un po’ di luce, di speranza, di fiducia nella vita, di quella pace che è il dono grande del Natale. Un cristiano, come l’angelo di Betlemme, deve poter dire: «Vi annunzio una grande gioia» (Luca 2,10). Ma la “grande gioia” deve incarnarsi in qualche piccola gioia se vuole diventare credibile e suggerire orizzonti più vasti.
È questo il modo di vivere oggi un vero Natale, ovvero la seconda nascita di Cristo dentro di noi. Si tratta non tanto di celebrare il Natale con una devozione tanto sentimentale quanto sterile e incoerente, ma di vivere dentro di noi la seconda nascita di Cristo condividendo la sua instancabile e totale solidarietà con la sorte di ogni uomo.