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giovedì 05 dicembre 2024
 

La speranza cristiana: utopia? No, nulla di più certo

È la speranza al centro della catechesi di papa Francesco. Dopo aver affrontato nelle scorse udienze il tema rileggendo le pagine dell’Antico Testamento, da questo mercoledì Bergoglio si concentra su quelle del nuovo Testamento, dove c’è «la novità rappresentata da Gesù Cristo e dall’evento pasquale. Cioè la speranza cristiana».

«La speranza cristiana», spiega con parole semplici ed esempi, «è essere in cammino verso qualcosa che è, non verso qualcosa che io voglio che sia». È come una porta che c’è e che io spero di varcare. La speranza è mettersi in cammino verso la porta, ma la porta è già lì. Bisogna essere capaci di camminare. E anche di attendere. «Sperare», infatti, «significa imparare a vivere nell’attesa, trovare la vita. Quando una donna si accorge di essere incinta impara a vivere ogni giorno nell’attesa di vedere quello sguardo del bambino che verrà e anche noi dobbiamo imparare da queste attese umane e vivere nell’attesa di guardare il Signore. Questo non è facile, ma si impara».  

Nell’aula Paolo VI gremita Francesco ricorda che «Noi , noi cristiani siamo donne e uomini di speranza. È quello che emerge in modo chiaro fin dal primo testo che è stato scritto, vale a dire la Prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi. Nel passo che abbiamo ascoltato, si può percepire tutta la freschezza e la bellezza del primo annuncio cristiano. Quella di Tessalonica è una comunità giovane, fondata da poco; eppure, nonostante le difficoltà e le tante prove, è radicata nella fede e celebra con entusiasmo e con gioia la risurrezione del Signore Gesù».

Il Papa ricorda che «quando Paolo le scrive, la comunità di Tessalonica è appena stata fondata, e solo pochi anni la separano dalla Pasqua di Cristo. Per questo, l’Apostolo cerca di far comprendere tutti gli effetti e le conseguenze che questo evento unico e decisivo, cioè la risurrezione del Signore, comporta per la storia e per la vita di ciascuno. In particolare, la difficoltà della comunità non era tanto di riconoscere la risurrezione di Gesù, ma di credere nella risurrezione dei morti, Gesù è un conto ma i morti? Avevano qualche difficoltà».

Una difficoltà che abbiamo anche noi. La paura della morte, cosa accadrà dopo, l’incontro con i nostri cari. «Di fronte alla nostra morte, o a quella di una persona cara, sentiamo che la nostra fede viene messa alla prova. Emergono tutti i nostri dubbi, tutta la nostra fragilità, e ci chiediamo: “Davvero ci sarà la vita dopo la morte…? Potrò ancora vedere e riabbracciare le persone che ho amato…?”. Questa domanda me l'ha fatta una signora pochi giorni fa dopo l'Udienza. Cosa significa la nostra morte? tutti noi abbiamo paura di questo».

Ma ci sorregge la speranza della salvezza, una speranza che è «come un elmo, soprattutto nelle prove e nei momenti più difficili della nostra vita. Ecco cos’è la speranza cristiana. Quando si parla di speranza, possiamo essere portati ad intenderla secondo l’accezione comune del termine, vale a dire in riferimento a qualcosa di bello che desideriamo, ma che può realizzarsi oppure no. "Speriamo che succeda" lo speriamo come un desiderio: si dice per esempio: “Spero che domani faccia bel tempo!”; ma sappiamo che il giorno dopo può fare invece brutto tempo… La speranza cristiana non è così. La speranza cristiana è l’attesa di qualcosa che già è stato compiuto e che certamente si realizzerà per ciascuno di noi, siamo in cammino per qualcosa che già c'è, che esiste, non per qualcosa che non sappiamo se avverrà. Anche la nostra risurrezione e quella dei cari defunti, quindi, non è una cosa che potrà avvenire oppure no, ma è una realtà certa, in quanto radicata nell’evento della risurrezione di Cristo. Sperare quindi significa imparare a vivere nell’attesa, imparare a vivere nell'attesa».

Un’attesa che «implica un cuore umile, povero. Solo un povero sa attendere. Chi è già pieno di sé e dei suoi averi, non sa riporre la propria fiducia in nessun altro se non in sé stesso».

Chi ha un cuore umile, invece, ripone la sua fiducia in Dio. «La cosa che a me tocca tanto il cuore », conclude Francesco, «è un'espressione di san Paolo e riempie della sicurezza della speranza: dice: “E così per sempre saremo con il Signore”. È la certezza totale della speranza, la stessa che, molto tempo prima, faceva esclamare a Giobbe: “Io so che il mio redentore è vivo […]. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno”. Così per sempre saremo con il Signore, voi credete in questo?». E invita la platea a ripetere per tre volte con lui questo credo.

Annachiara Valle


01 febbraio 2017

 
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