La nostra vita offerta al Signore
[Maria e Giuseppe] portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore». Luca 2,22-23
Quaranta giorni dopo la sua nascita, Gesù viene presentato al tempio e offerto al Signore. È la festa del 2 febbraio, popolarmente conosciuta come festa della Candelora, che quest’anno, cadendo di domenica, ha la precedenza sulle letture domenicali. Nella prima lettura, il profeta Malachia (3,1-4) annuncia l’entrata messianica del Signore nel suo tempio per purificare il popolo dalle sue infedeltà e offrire un’oblazione a Dio gradita. Nella seconda lettura, l’autore della Lettera agli Ebrei (2,14-18) presenta Gesù che, resosi in tutto simile ai fratelli, è il sacerdote sommo che inaugura il nuovo culto della nuova alleanza.
Queste due letture ci aiutano a comprendere il senso teologico della festa odierna. Dice il profeta Malachia che «il Signore siederà per fondere e purificare; purificherà i figli di Levi – cioè i sacerdoti – li affinerà come l’oro, perché possano offrire al Signore una offerta secondo giustizia». Era un’antica parola ammonitrice che annunciava alla classe sacerinvece dotale di Gerusalemme una venuta del Signore che li avrebbe messi nel forno: li fonderà per poterli purificare, per poterne ricavare oro, per renderli capaci di un sacrificio corretto.
È proprio quello che avviene con Gesù, anche se nel racconto evangelico (Luca 2,22-40) si tratta solo di un anticipo: il bambino entra nel tempio per cambiare il modo di pensare, per capovolgere la situazione religiosa, per trasformare il sacerdozio, per rinnovare quella mentalità.
Il profeta aveva immaginato un ingresso potente e straordinario; invece il Signore onnipotente entra nel tempio come un bambino indifeso, portato in braccio. In quel fatto noi leggiamo il compimento delle Scritture: il Signore entra nel tempio per cambiare l’antica situazione. Ed è un cambiamento fondamentale quello che avviene: l’offerta di cose e i riti lasciano il posto all’offerta generosa di sé stessi. Non le cose, non i riti mettono in comunione con Dio, ma la propria esistenza umana, cioè l’offerta della propria vita, di tutto quello che caratterizza la nostra umanità.
La sacralità non è nel tempio, ma nelle persone; non è il luogo che rende la persona gradita a Dio, ma è l’atteggiamento del cuore! L’incontro con il Signore non avviene nel tempio, ma nella relazione di amicizia: non è un rito sacro che cambia l’uomo, ma la propria adesione cordiale. È l’offerta di noi stessi il vero sacrificio. Simeone e Anna aspettavano la consolazione di Israele e la redenzione di Gerusalemme, desideravano incontrare il Signore. Noi desideriamo incontrare il Signore? Lo cerchiamo nella nostra vita? Desideriamo e aspettiamo questo incontro?
Rischiamo a volte di accontentarci di qualche rito esteriore e di un po’ di pratiche religiose, senza però che il cuore desideri veramente il Signore. Se risvegliamo il desiderio e lo coltiviamo, il Signore ci viene incontro, risponde al nostro desiderio e ci incontra!