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martedì 25 marzo 2025
 
Non solo canzonette Aggiornamenti rss Monsignor Antonio Staglianò
presidente della Pontifica Accademia di Teologia e Rettore della chiesa degli artisti di Roma

Festival: amore, eros e sesso tradotti in note

 Georgina Rodriguez alla 70a edizione del Festival di Sanremo. Foto Ansa.
Georgina Rodriguez alla 70a edizione del Festival di Sanremo. Foto Ansa.

Si può celebrare l’amore a Sanremo 2020 senza almeno accennare all’eros, alla libido, al sesso? Obiettivamente no. Da molto tempo si è capito che l’amore “platonico” non esiste nelle cose della vita (in re) e, forse, a ben interpretare Platone e il suo concetto di “idea” e di “sostanza”, nemmeno nei suoi libri. Certo non esiste l’amore “puro”. Semmai quello “purificato”, che, in quanto tale, non può mai giungere ad assoluta purezza. A meno di introdurre la visione “teologica” (ma qui è in gioco la fede cristiana) di un amore purissimo, reso possibile dalla presenza di Dio nella carne umana.

I cattolici cristiani credono fermamente che Gesù di Nazareth è il Figlio di Dio e ci ha amato spingendo il dono della sua vita fino alla morte. Cosa che non si può fare senza purezza assoluta. Su questa via, anche l’amore di Maria di Nazareth: la mamma di Gesù, “concepita senza peccato originale” ha vissuto di amore puro (assolutamente tale, cioè sciolto dall’impurità costringente l’esistenza dei mortali, macchiati dalla colpa originaria). Per i credenti, l’amore puro esiste, perché esiste Dio dall’eterno, solo e sempre amore. Per i viatores (tutti i viandanti di questa terra e di questa storia) l’amore puro è un ideale di vita che nell’esperienza della conversione può essere vissuto come a “sorsi”, attraverso il dono della purificazione nella carne e nel corpo (e nello spirito) che diventa dono-per altri, in gesti operosi di carità fraterna: vicinanza, cura e immedesimazione nella sofferenza come in Io sto con Paolo.

Si è capito anche – nel frattempo- che l’amore “impuro” è quello imbrattato dall’egoismo, dal desiderio sfrenato di sfruttamento, dalla ricerca di un piacere che inclina al dominio e alla reificazione dell’altro, reso oggetto della propria lussuria e delle proprie perversioni sessuali, non dall’eros. A leggere le prime bellissime pagine di Benedetto XVI in Deus caritas est si resta meravigliati su come parli della necessità di Eros perché accada davvero Amore. La questione critica – che porta a tanto disorientamento umano- sta piuttosto nella separazione di Eros e Amore. L’uno senza l’altro producono annientamento: l’amore è esangue, con trasporto zero; l’eros è sfrenato e smanioso, con donazione zero. Così, l’impulso sessuale (identifichiamo semplicemente in questo modo la Libido, per non voler scomodare Freud e Jung) è senza freni e porta alla violenza, nei soggetti più “fragili”, si fa per dire.

Sabrina Salerno all'Ariston (foto Ansa)
Sabrina Salerno all'Ariston (foto Ansa)

Le donne di Sanremo, da Rula Jebreal a Georgina Rodriguez e Sabrina Salerno, tra impegno, desiderio, femminismo e sensualità

Nelle “parole urgenti” proclamate dalla Jebreal, il messaggio è stato chiaro: «non chiedete più a una donna che è stata stuprata com'era vestita quella notte». Il motivo di uno stupro non rimanda al fascino provocante della sensualità femminile, ma alla “bestialità” della passione sessuale maschile e la sua istintiva brutalità. È questo accade sempre quando il sesso vuole essere dominato dall’eros senza la giustizia dell’amore. È allora che il sesso pretende solo godere, consumando violenza, imponendo l’umiliazione dello sfruttamento dei corpi. Il tema centrale di questo Sanremo è obiettivamente la voce che grida contro la violenza sulle donne. In terza serata, eccole tutte schierate le cantanti più amate dagli italiani (Fiorella Mannoia, Laura Pausini, Emma Marrone, Gorgia, Alessandra Amoroso, Gianna Nannini) a pubblicizzare un concerto dedicato - Una, Nessuna, Centomila -, titolo del famoso romanzo di Pirandello, spiegato con semplicità: una (perché se una combatte, lotta per tutte); nessuna (nessuna donna deve più subire violenza); centomila (le voci del pubblico che si uniranno in questa grande battaglia).

Non c’è, perciò, assolutamente modo per “incolpare” le donne per la violenza subita.

La donna è libera di essere “donna” nella totalità di qualità e bellezze, in tutti i suoi doni, di intelligenza e di fisicità. Sarà stato allora, forse, per una questione di approfondimento della par condicio – invocata ironicamente da Fiorello con la denuncia del “fiorismo” sanremese (=i fiori dati alle sole donne e non agli uomini) - che nel bel mezzo del cammino, sopraggiunge l’apparizione della “donna dei propri sogni”, della “donna del desiderio frustrato”, la sex symbol Sabrina Salerno, che per le sue virtù fisiche di certo non sollecita la mente a pensieri impegnati socialmente (come invece era avvenuto prima, con le donne belle per la loro intelligenza e per la loro arte, oltre che per le loro forme coperte). Mentre scendeva con difficoltà le scale dell’Ariston, infatti, si poteva al massimo cantare l’incipit della canzone di Matteo Faustini - Nel bene e nel male - che dice: «hai mai fatto l’amore con gli occhi? Io sì, ci ho letto dentro». In terza serata, anche con la nuova bellissima presentatrice Georgina Rodriguez, compagna del famoso calciatore Ronaldo, entra in scena il femminino che piace ai maschi, la donna bella più per la sua sensualità che per altro. Già per sé e da sé sensualissima, oltre che per il ballo sensuale del tango.

D’altronde la donna è anche questo. Anzi, purtroppo, è stata sempre e solo questo, prima dei processi di emancipazione femminile e delle conquiste di genere, non ancora definitivamente compiute: la donna resta oggetto del desiderio maschile, entro uno standard culturalmente difficile da smontare nella sua falsità, tanto è radicato nei fondali istintivi della psiche del maschio, ma anche della maggior parte delle donne.

Benigni porta il Cantico dei Cantici a Sanremo:  «un poema d’amore dedicato alla femminilità; tutto erotismo considerato dal punto di vista femminile, poiché la protagonista è proprio una donna, il libro più santo, più bello e il più voluttuoso». (foto Ansa)
Benigni porta il Cantico dei Cantici a Sanremo: «un poema d’amore dedicato alla femminilità; tutto erotismo considerato dal punto di vista femminile, poiché la protagonista è proprio una donna, il libro più santo, più bello e il più voluttuoso». (foto Ansa)

Sanremo, il sesso "che non si nomina" fino al Cantico di Benigni (per tacer di Zucchero e Irene Grandi)

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Il rapporto tra amore ed eros, tra amore e sensualità, tra amore e sesso, va comunque indagato, perché è ineludibile. Il grande Benigni - in modo davvero inaspettato e dirompente - lo ha sdoganato in maniera definitiva con una sua cover del Cantico dei cantici: «un poema d’amore dedicato alla femminilità; tutto erotismo considerato dal punto di vista femminile, poiché la protagonista è proprio una donna, il libro più santo, più bello e il più voluttuoso».

Prima di lui, però, a Sanremo 2020 sono stati davvero pochi gli accenni espliciti al sesso. Salvo errori e, se la memoria non mi inganna, qualcosa compare nella canzone di Irene Grandi che con Finalmente io giunge alla consapevolezza del suo riscatto cantando - «quando canto sto da Dio/mi sento d’incanto e il mondo è mio». Le parole del testo insistono su difetti, mancanze errori, fragilità: nervosa, confusa, distratta, «gli amori miei buttati alla rinfusa/ non mi ricordo mai dove li metto». È necessario allora accettarsi: «io sono fatta così». Appartiene alla frivolezza questo passaggio (o no!): «se vuoi fare sesso/facciamolo adesso/qui/ da sempre arrabbiata da sempre sbagliata/ e ancora così/ facciamolo adesso/ oppure è lo stesso».

Poi arrivò Zucchero, a mezzanotte in punto, la vera star internazionale del Festival, con le sue canzoni e il “botto” finale, come lo ha chiamato lo stesso Amadeus: «Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’azione cattolica». Ritornello cantato in coro da tutti, tutti in piedi, per una interminabile standing ovation (che non è stata invece, immeritatamente, concessa a Benigni). La canzone è del 1987, ma la tesi è più vecchia, diffusa già negli anni ’60: fare sesso (sprigionare la libido) per superare la nevrosi e vincere la depressione.

L'opinione riproposta ancora oggi è chiara, inequivocabile: l'attività sessuale sarebbe capace di liberare le persone dallo stress e dal bigottismo cattolico. E però i tempi sono cambiati. Sicché sarebbe davvero bello domandare a Zucchero: adesso che lo stress è entrato nella libidine, quale fine hanno fatto i giovani che non sono più nell’azione cattolica? Alla sua maniera e in modo sorprendente ha risposto Benigni: «Tutte le nuove generazioni parlano tanto di sesso, ma se ne fa poco». C’è qualcosa che non va. Qualcosa si è rotto: forse proprio l’antica alleanza tra amore-eros-sesso?


07 febbraio 2020

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