La mia premessa, alle prese con il teppismo legato al calcio, sarà sempre la stessa, in opposizione a chi vuole generalizzare, senza distinguere. C’è una violenza meno riconoscibile, che non appartiene al tifo, ma alla società, e trova nel tifo la valvola di sfogo.
E c’è una violenza più riconoscibile, che viene metabolizzata dal tifo sportivo vero e proprio, estremizzandolo.
E’ giusto sottolineare con soddisfazione il bilancio del Ministro degli Interni Alfano, che ha ricordato come, nel 2014, i feriti siano diminuiti del 22 per 100, e gli arresti siano aumentati del 50 per 100.
Con soddisfazione, perché la stragrande maggioranza degli spettatori ha frequentato gli stadi con tranquillità, e perché tutti abbiamo invocato la severità, dopo l’atroce caso di Ciro Esposito.
Il problema è che, mentre gli scontri, proprio come quella sera a Roma, si spostano lontano dagli stadi, si torturano di controlli le persone perbene all’ingresso negli impianti. E anche questo scoraggia le famiglie.