La via della vera gioia è l’amore
[Beato l’uomo che] nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte. È come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene. (Salmo 1,2-3)
Dal racconto dell’evangelista Luca (6,17.20- 26) ascoltiamo, in questa domenica, l’inizio del grande discorso programmatico in cui Gesù annuncia la beatitudine di coloro che confidano nel Signore, ma promette anche guai a coloro che confidano in sé stessi. Dobbiamo confessare che le quattro espressioni ammonitrici («Guai a voi!») ci bruciano sulla pelle. Noi la fame non sappiamo che cosa sia. Quanto alla povertà, siamo abituati a muoverci in negozi ben forniti, in compagnia di gente che sta bene. Saremmo dunque anche noi tra i maledetti di cui parla Gesù? In realtà dobbiamo dire che queste espressioni di Gesù più che maledizioni (Gesù non vuole maledire nessuno), sono constatazioni.
«Come siete tristi!», ci vuole dire Gesù, «voi che siete chiusi dentro il vostro benessere e i vostri rituali di persone soddisfatte. Guardatevi dentro, interrogatevi con sincerità. Ha ragione il profeta Geremia quando dice che dietro tante immagini di benessere si nasconde un mondo arido, pieno di salsedine e di siccità ». Purtroppo ci sono persone che stanno bene, che hanno tanti soldi, godono anche di una grande fama, ma sono vuote e tristi. Proviamo a pensare a personaggi famosi che, nel momento in cui tramonta la gloria, si deprimono e perdono il senso della vita: hanno tutto e sentono un tragico vuoto. Quel vuoto profondo è il “guai” che Gesù presenta a noi.
Se uno crede di aver tutto, che interesse può avere per il regno di cui parla il Vangelo? Per trovare il segreto della beatitudine, secondo Gesù, bisogna trovare il cammino della povertà: «Beati voi poveri ». Questo vuol dire stare dalla parte dei poveri rendendo credibile, con qualche gesto di solidarietà, la parola che Gesù ha riservato per loro. La contrapposizione che Gesù offre fra i beati e coloro che invece sono da commiserare rispecchia un procedimento sapienziale soprattutto legato al mondo dei proverbi. «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo», dice il profeta Geremia (17,5-8) nella prima lettura, e contrappone: «Benedetto l’uomo che confida nel Signore».
Il linguaggio sapiente del profeta paragona queste due tipologie umane a due alberi. L’uomo che confida nell’uomo è simile a un albero che cresce nelle zone desertiche e non produce frutto. Al contrario, l’uomo che confida nel Signore è paragonato a un albero piantato lungo corsi d’acqua: anche nell’anno della siccità, cioè quando arrivano situazioni negative, essendo ben radicato nel terreno, non soffre la mancanza temporanea dell’acqua. Non significa che non avrà problemi, ma vuol dire che in ogni situazione, anche nell’anno della carestia, chi ha le radici nel Signore riesce a trovare l’energia necessaria per affrontare la situazione e vivere anche i momenti negativi come benedizione. La stessa idea è riproposta dal salmo responsoriale, il Salmo 1, che apre la collezione dei 150 salmi, che pone dall’inizio la scelta decisiva della via da percorrere e ricorda che il Signore «veglia sulla via dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina».
Noi a chi vogliamo assomigliare? Vogliamo essere alberi buoni, piantati lungo l’acqua di Cristo; vogliamo attingere la sua forza giorno per giorno per portare frutto con la nostra vita.