Toccare il Signore, avere vita
[Gesù] Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: alzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.
Marco 5,41-42
La liturgia di questa domenica, al centro dell’anno solare, ci offre una riflessione potente sul dono della vita, promessa di eternità: «Dio non ha creato la morte, non gode per la rovina dei viventi. Le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte; la giustizia è immortale. Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, a immagine della propria natura, ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo» (I lettura, Sapienza 1-2). Quanto dovremmo ricordarci di queste parole! Quando sembra che non ci sia via di uscita, quando combattiamo contro la malattia, quando la morte bussa alla nostra casa, quando siamo tentati di accusare Dio delle cose che non vanno, quando un torto subito ci induce a diffidare delle persone, anche di quelle più vicine e legate a noi da uno speciale vincolo di amore, dobbiamo tornare alla verità centrale della fede: Dio ci ha creati per la vita che non finisce! Egli è amore, non gioisce del male di nessuno e ogni creatura, sulla terra, è un dono di salvezza! C’è una grande benedizione su ogni vivente e specialmente su ogni uomo, fatto a immagine di Dio, amato fin dal principio, nonostante i suoi peccati, pensato per l’eternità, redento dal sangue del Cristo!
Se siamo tentati di giudicare, di desiderare il male, di ritenere che qualcuno sia fuori dalla salvezza, ricordiamoci del dono grande che abbiamo ricevuto, lo stesso per ogni uomo: la vita! Siamo chiamati ad avere lo sguardo di Dio, che vede e dice bene, e a desiderare per tutti i fratelli, anche quelli che ci sembrano in errore, che ci appaiono malvagi e sommamente lontani dalla fede, la stessa gioia e la stessa salvezza che desideriamo per noi, perché «l’abbondanza degli uni supplisca all’indigenza degli altri» (II lettura, 2Corinzi 8). «Mentre eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi» (Romani 5,6), salvandoci dal potere di un nemico malvagio e invidioso! Egli «fa risalire la nostra vita dagli inferi, ci fa vivere, muta il lamento in danza» (Salmo 29, Responso- rio): la certezza di fede del salmista, che prorompe nella lode, trova concreta espressione nel racconto evangelico (Marco 5), che ci presenta la guarigione di una donna adulta e la risurrezione di una giovinetta. Sempre, ad ogni età, abbiamo bisogno della vita nuova di Cristo!
Il riferimento a “12 anni”, un tempo perfetto, compiuto, accomuna entrambe: l’una ne ha l’età, l’altra per tutto quel tempo ha avuto «perdite di sangue e ha molto sofferto ad opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, e anzi peggiorando», subendo il giudizio degli uomini e la vergogna dell’impurità. Siamo soli e nudi di fronte alle vere domande dell’esistenza, perché niente può guarirci veramente se non Colui che salva dalla morte: Egli, che ci ha creato “toccandoci” (cfr. Genesi 2; Salmo 139), continua a “toccarci” per liberarci dal male, diventando per noi cibo che ci trasforma e ci conserva nella vita che non muore. L’emorroissa ha sperimentato che il mondo non può salvare: per questo è determinata a “toccare” Gesù, il Vivente! Ella prega per sé, Giairo per la sua bambina: entrambi si rivolgono al Maestro ricchi solo di una fede forte e per entrambi si realizza, nel qui e ora, la salvezza cercata: «subito» l’emorroissa, «toccate le vesti» di Gesù, è «guarita dal suo male»; subito la bambina, quando Gesù la “tocca” «prendendole la mano», «si alza e cammina»! Che il Signore ci tocchi e ci dia vita!