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venerdì 11 ottobre 2024
 

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) - 29 settembre 2024

Riconoscere Dio nella storia e nei fratelli Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.

Marco 9,38-40

Il carisma profetico è dato in ogni tempo a uomini e donne, giovani e anziani, consacrati, laici, appartenenti al clero, sposati o no: prima di manifestarsi come Dio, nella gloriosa Passione, morte e Risurrezione, Gesù stesso, che non era membro delle dinastie sacerdotali israelitiche, è riconosciuto dalla gente come un grande profeta, paragonato a Elia (cfr. Marco 8,28). Ciascuno, nel Battesimo, insieme alla regalità dei figli e al sacerdozio comune riceve il dono ineffabile della profezia, lo custodisce in sé e può esercitarlo nella comunità, a beneficio di tutti i fratelli, se è docile al soffio dello Spirito e capace di riconoscere, alla luce della Parola e con la forza dei sacramenti, la presenza di Dio nel mondo: ogni «servo del Signore è illuminato» dalla «Legge, dalla testimonianza e dai giudizi di Dio», che «sono tutti giusti» e danno gioia (Salmo 18, Responsorio); le condizioni del cuore, però, quando non sono «pure», possono indurre tutti, anche coloro che sono mente più vicini al Signore, nella tentazione di non riconoscere ai fratelli i doni ricevuti, e anzi di ostacolarli. Dio ci salvi da questo! È un «grande peccato», che spesso «non vediamo» (Salmo 18, Responsorio) e del quale, come i Dodici stessi (Vangelo) e molti credenti nella storia della salvezza (I Lettura), possiamo macchiarci anche noi, quando ci sentiamo forti della nostra «conoscenza, che gonfia d’orgoglio» (1Corinzi 8,1), del nostro status di cristiani osservanti, del ruolo che ricopriamo nella comunità, delle nostre apparenti «ricchezze», che finiscono per farci «condannare il giusto» (II Lettura, Giacomo 5).

Contro questa tentazione parlano Gesù (Vangelo) e Mosè (I Lettura): la salvezza è aperta ad ogni uomo e ad ogni donna, in ogni tem po! Nel contesto della vicenda dell’Esodo, dopo lamentele e opposizioni del popolo verso Dio, in ragione della scomodità delle condizioni di vita nel deserto, Mosè intercede per Israele, e chiede al Signore di essere aiutato nel «portare quel peso»: Dio lo invita a «radunare 70 uomini», conosciuti «come anziani o scribi», e promette di consegnare loro «una parte dello Spirito che è» su Mosè (Numeri 10,14-17).

Lo Spirito è sempre uno e si esprime nella molteplicità creativa dei carismi; chi parla su suggerimento dello Spirito è sempre ispirato da Dio, Uno, che ha parlato «molte volte e in diversi modi attraverso i tempi per mezzo dei profeti» e, nella pienezza, si è rivelato in Gesù (cfr. Ebrei 1,1-2): lo Spirito scende «presso la tenda del convegno», sui settanta, eletti da Mosè per lo specifico servizio, e «nell’accampamento», su due uomini rimasti tra la gente, nella vita “laica”, eletti direttamente da Dio per glorificarlo e annunciarlo. Giosuè, il più vicino a Mosè, ha un moto di sdegno, e chiede che i due vengano impediti! Lo stesso fa Giovanni, il «discepolo amato» di Gesù, nel Vangelo (Marco 9): quanto siamo tentati di ostacolare i carismi dei fratelli, specialmente se essi non sono parte della nostra più stretta cerchia, piccola o grande! Ma siamo tutti ugualmente figli: l’essere di Cristo si riconosce dalla capacità di «dare un bicchiere d’acqua» nel suo Nome, esercitando la «carità», che «non avrà mai fine» (1Corinzi 13,8) ed «è vincolo di perfezione» (Colossesi 3,14); il non essere di Cristo si vede, al di là della forma e dei titoli, nell’incapacità di costruire unità, nell’aridità del cuore, nella indisponibilità a dare amore: è questo lo «scandalo» che allontana i «piccoli» e dannaggia l'azione della Grazia.

 


26 settembre 2024

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