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UNA MOTIVAZIONE PROFONDA
«Prima di essere preside anch’io ho insegnato per tanti anni», spiega. «Il nostro lavoro, purtroppo mal pagato e non sempre riconosciuto, è una missione che richiede una motivazione profonda, e non solo per me che, come cristiano, lo vivo da sempre come una forma di servizio». Le sue responsabilità sono pesanti. Da lui non dipendono solo i 1.150 allievi delle 48 sezioni del Bertolucci, cui si aggiungono 150 insegnanti e una quarantina di dipendenti tra impiegati, tecnici e bidelli. Tosolini è anche direttore reggente dell’Istituto comprensivo della Val Ceno, vale a dire ben undici plessi scolastici che comprendono sezioni di materna, elementari e medie disseminate in paesi e borgate di montagna, per un totale di 550 alunni. «Da un certo punto di vista, oggi la situazione è ancora più complicata perché l’anno passato la Provincia ci aveva messo a disposizione diversi locali che ci avevano consentito di frazionare le classi. Quest’anno invece l’opportunità non si è ripetuta, nonostante la nostra popolazione scolastica sia aumentata». A malincuore si dovrà fare di necessità virtù: «Il decreto del governo conferma tutte le regole del passato, dall’obbligo delle mascherine al distanziamento, ma introduce una novità, ossia che il metro di distanza tra un alunno e l’altro va mantenuto solo se possibile. Per quanto ci riguarda, per esempio, non potremo garantirlo nelle aule della sezione musicale, che sono troppo piccole; per questo motivo abbiamo acquistato alcuni depuratori con filtro. Lo ripeto, facciamo quello che possiamo».
RIPARTIRE INSIEME
In tutto questo balletto di disposizioni - a volte, va detto, persino contraddittorie - il preside Tosolini mette in luce una nota positiva: «I nostri ragazzi ormai sono allenati e viene loro naturale il rispetto delle regole», dice. «Abbiamo lavorato molto per leggere l’emergenza sanitaria che ci ha colpito in chiave di educazione civica, dando dignità etica a tutto il codice di comportamento e loro hanno risposto con puntualità». I primi a capire tutto questo sono stati i bambini delle elementari, «che hanno a casa nonni e genitori che vanno protetti», conferma, «ma anche i ragazzi più grandi sono capaci di generosità». A maggior ragione, secondo Tosolini, uguale sensibilità devono dimostrare gli insegnanti, rispondendo al dovere vaccinale. «Chi è consapevole della propria missione non può assolutamente rischiare che il rapporto che ha con un allievo possa tradursi in una relazione foriera di malattia o addirittura di morte», afferma. «Per quello che mi riguarda, come cristiano, mi ritrovo perfettamente nelle parole del Papa, che ha spiegato a chiare lettere, al di là di ogni equivoco, come adempiere alla vaccinazione sia prima di tutto un atto d’amore. Credo che questo valga per tutti, anche per chi non è cristiano, per il bene della comunità». Tosolini crede nel valore formativo della scuola, al di là delle critiche che da più parti si levano contro il sistema scolastico del nostro Paese. «La nostra scuola elementare è una delle migliori del mondo», sottolinea. «Quanto al resto, credo si sia insistito troppo sulla “licealizzazione” della scuola superiore, dimenticando che esistono altre competenze da potenziare, per esempio nel settore tecnico».
UNA APP PER AIUTARSI
Per il preside Tosolini, lo spirito di comunità lo può insegnare solo una scuola solidale e attenta alla persona: «Il motto del mio liceo è “scuola come casa”. Prima del Covid i ragazzi erano liberi di frequentare le nostre aule anche di pomeriggio, per fare i compiti, per scambiarsi gli appunti... Con l’epidemia le cose sono cambiate, ma l’anno scorso da un gruppo di studentesse è partito un progetto che si chiama “Compagni di studio” e che riproduce questa opportunità in chiave digitale». Attraverso una app chi ha bisogno si rivolge ai ragazzi più bravi, che si mettono a disposizione nelle diverse discipline come tutor. «E lo fanno nella totale gratuità», sottolinea. Il digitale va sfruttato nelle sue potenzialità, di conseguenza Tosolini invita a non demonizzare la didattica a distanza: «È ovvio che la lezione in presenza vada privilegiata, ma ricordo che le scuole migliori stavano sperimentando la digitalizzazione prima del Covid. Penso per esempio alle mie scuole di montagna, dove i ragazzi devono fare anche 100 chilometri al giorno per raggiungerle: per loro qualche ora di Dad può fare la differenza». In altre parole, la formula giusta è attenzione al contesto e alla persona. «Come cristiano ritrovo la mia motivazione nella fede, ma in profonda consonanza con l’articolo 3 della nostra Costituzione, che chiede alla scuola di formare dei bravi cittadini. Ed è questo che non dobbiamo mai dimenticare».
(Foto di Fabio Boni)



