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«Oggi vorrei proporre a tutti noi tre domande a cui provare, se non a dire, quanto meno a balbettare una risposta a proposito della tragedia che stiamo vivendo. Cosa dice a tutti noi, la morte di don Matteo?».
È la domanda che ha posto il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, nell’omelia, pronunciata a braccio, dei funerali (in alto la foto della diocesi di Novara, ndr) di don Matteo Balzano, il sacerdote di 35 anni morto suicida sabato scorso.
Nella Collegiata di San Vittore a Cannobio (Verbano – Cusio – Ossola) gremita da tanti sacerdoti della diocesi, dai familiari, dai fedeli e dai giovani dell’oratorio di Cannobio che don Matteo accompagnava come viceparroco, il vescovo Brambilla ha posto alcune domande alla comunità sconvolta dalla tragedia che ha varcato i confini locali e ha spinto moltissimi sacerdoti, vescovi e fedeli a dedicare sui social un pensiero al giovane sacerdote e una riflessione sul suo tragico gesto e, anche, sul malessere che spesso affligge in maniera silenziosa molti sacerdoti.
Anzitutto, ha detto monsignor Brambilla, «cosa dice a me vescovo, a noi sacerdoti e alle persone che vivono al nostro fianco nella comunità? Cerchiamo una risposta nelle Letture che il Rito ambrosiano propone, facendo rivivere la Passione del Signore. Nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù dice ai discepoli di seguire un “uomo con la brocca”, per trovare la stanza dove consumeranno l’ultima cena. Il luogo dove vivranno la Pasqua. Ecco, vivere la Pasqua del Signore», ha spiegato, «è il senso profondo del ministero del prete. Pasqua significa “passaggio”. Nei momenti più bui e difficili che sperimentiamo, ricordiamoci che questo “passaggio” lo viviamo sempre accanto al Signore. Per farlo dobbiamo imparare a non nasconderci di fronte alle nostre paure e fatiche. Dobbiamo imparare ad ascoltarci. E a trovare, nei nostri rapporti fraterni, linguaggi e parole di accoglienza e comunione».
La seconda domanda posta dal vescovo è stata questa: «Cosa dice ai giovani questa morte? Domenica scorsa», ha affermato, «ho incontrato il gruppo di ragazze e ragazzi dell’oratorio di Cannobio, affranti dal dolore. Anche le parole che mi hanno rivolto echeggiavano in qualche modo le parole di Gesù in croce: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Li incontrerò ancora per parlare con loro. Ma intanto ho chiesto di scrivere quello che stanno vivendo, di raccontare il loro rapporto con don Matteo. E ho posto a loro la domanda “cosa dice a voi questo dramma?”. Vorrei che ascoltaste la loro risposta».
A questo punto, monsignor Brambilla ha lasciato la parola ad Alessia, una ragazza di Cannobio, che ha letto un testo condiviso con tutti i giovani dell’oratorio: «Caro don Matteo – le parole di Alessia – sei stato più del nostro “don”, più del nostro confessore e più della nostra guida. Sei stato un nostro amico sincero. Non dimenticheremo mai il tempo speso insieme, durante i gruppi in oratorio. Affrontando temi seri e importanti per le nostre vite. Ma anche quelli più leggeri. Il nostro rapporto con te non è finito. Si è solo trasformato. Perché sappiamo che tu sarai sempre con noi».
«La terza domanda», ha proseguito monsignor Brambilla, «è per tutte le nostre famiglie e per questa città. Cosa ci dice questa morte che ha colpito così nel profondo i nostri cuori? Dice dell’importanza e dell’urgenza di rimettere al centro la cura dell’anima. Perché nelle nostre vite siamo troppo spesso distratti da altre priorità, da cose superficiali che ci distraggono da quelle importanti. L’affetto e il dolore per Matteo, che così in tanti hanno manifestato in questi giorni e che oggi ci unisce, potrà forse indicarci la strada per rispondere a queste domande».
Poi il vescovo ha concluso la sua omelia leggendo «l’unica cosa che mi sono sentito di scrivere in questi giorni. Proprio dopo aver incontrato i ragazzi di Cannobio: Dolce fratello / giovani orfani affranti / pianto infinito. Non so», ha concluso, «quando il mio cuore potrà smettere di piangere. Di certo anch’io, come questi giovani, non dimenticherò don Matteo».
All’inizio della celebrazione, il vicario episcopale per i laghi don Gianmario Lanfranchini, dopo aver tracciato un breve profilo biografico di don Matteo, ha ricordato l’ultima volta che ha incontrato il sacerdote: «Il giorno di Pentecoste – ha detto -, quando abbiamo cantato per la discesa della Sacra Costa, ti ho chiesto “come stai”? Mi hai risposto “bene, anzi benissimo”. Oggi ci ricordi che non dobbiamo avere paura delle nostre fragilità e come preti, della nostra umanità sempre illuminata da Cristo. La Presenza reale di Gesù nell’Eucarestia aiuti tutti noi ad unire il nostro dolore al Sacrificio di Cristo al Padre».
Commosso il ricordo del parroco di Cannobio, don Mauro Caglio: «Sono stati 20 mesi di vita fraterna, di preghiera e di lavoro condiviso con passione generosa», ha detto rivolgendosi direttamente al giovane confratello, «arrivavi ovunque nelle nostre parrocchie, hai amato e accolto i bambini e i ragazzi, hai fatto crescere i gruppi e gli animatori. Quanta passione hai avuto per i nostri oratori! Attento agli anziani, hai curato le catechiste, trovato il tempo per la corale e per tutti i collaboratori e le collaboratrici. Hai saputo rapportarti con tutte le associazioni del nostro territorio, apprezzato e accolto da tutti, eppure tutto questo non è bastato. Per me, dove la fraternità prima nasceva dall’ordinazione, sei stato fratello affettuoso, figlio devoto, padre severo per la salute in particolare, amico fedele, e meraviglioso compagno di cammino nel servizio del Signore nelle comunità a noi affidate. Ma anche questo», ha proseguito, «non è bastato a ridarti la serenità che meritavi. In questo abbraccio che ti consegno come agnello all’abbraccio del Buon Pastore, perché ti stringa al suo cuore e ti faccia sentire tutto il suo amore assieme al nostro che ti piangiamo. Per noi chiedi consolazione e speranza».
La salma di don Matteo è stata poi portata a Grignasco, il paese d’origine, dove la celebrazione funebre prima della tumulazione è stata presieduta da don Adriano Ciocca Vasino, vescovo missionario in Brasile e originario della comunità parrocchiale valsesiana.



