«Esiste cibo sufficiente per tutti, ma non tutti possono mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e l’uso di alimenti per altri fini sono davanti ai nostri occhi». Papa Francesco parla al Pam (Programma alimentare mondiale) e sottolinea il paradosso di vedere bloccati i piani di sviluppo mentre le armi circolano liberamente. «Ci troviamo così davanti a uno strano e paradossale fenomeno: mentre gli aiuti e i piani di sviluppo sono ostacolati da intricate e incomprensibili decisioni politiche, da forvianti visioni ideologiche o da insormontabili barriere doganali, le armi no; non importa la loro provenienza, esse circolano con una spavalda e quasi assoluta libertà in tante parti del mondo».

Dopo aver pregato davanti al Muro della memoria, che ricorda il «sacrificio che hanno compiuto i membri di questo Organismo, offrendo la propria vita perché, anche in mezzo a complesse vicende, agli affamati non mancasse il pane», papa Francesco invita a mantenere la «memoria» per «continuare a lottare, con lo stesso vigore, per il tanto desiderato obiettivo della “fame zero”. Quei nomi incisi all’ingresso di questa Casa sono un segno eloquente del fatto che il Pam, lungi dall’essere una struttura anonima e formale, costituisce un valido strumento della comunità internazionale per intraprendere attività sempre più vigorose ed efficaci».

Parla della velocità delle connessioni e della possibilità che oggi abbiamo di conoscere anche tante situazioni dolorose e lontana, anche se «paradossalmente, questa apparente vicinanza creata dall’informazione sembra incrinarsi ogni giorno di più. L’eccesso di informazione di cui disponiamo genera gradualmente la “naturalizzazione” della miseria. Vale a dire, a poco a poco, diventiamo immuni alle tragedie degli altri e le consideriamo come qualcosa di “naturale”. Sono così tante le immagini che ci raggiungono che noi vediamo il dolore, ma non lo tocchiamo, sentiamo il pianto, ma non lo consoliamo, vediamo la sete ma non la saziamo».

Cambiano le notizie, ma non cambia la fame, non cambia il dolore, non cambia la sete.  E, dunque, va fatto un passo in avanti: «Oggi non possiamo considerarci soddisfatti solo per il fatto di conoscere la situazione di molti nostri fratelli. Non basta elaborare lunghe riflessioni o sprofondarci in interminabili discussioni su di esse, ripetendo continuamente argomenti già conosciuti da tutti. È necessario “de-naturalizzare” la miseria e smettere di considerarla come un dato della realtà tra i tanti. Perché? Perché la miseria ha un volto. Ha il volto di un bambino, ha il volto di una famiglia, ha il volto di giovani e anziani. Ha il volto della mancanza di opportunità e di lavoro di tante persone, ha il volto delle migrazioni forzate, delle case abbandonate o distrutte. Non possiamo “naturalizzare” la fame di tante persone; non ci è lecito dire che la loro situazione è frutto di un destino cieco di fronte al quale non possiamo fare nulla. Quando la miseria cessa di avere un volto, possiamo cadere nella tentazione di iniziare a parlare e a discutere su “la fame”, “l’alimentazione”, “la violenza”, lasciando da parte il soggetto concreto, reale, che oggi ancora bussa alle nostre porte».

Francesco ricorda quanto già detto alla Fao, sullo spreco delle risorse. «La mancanza di alimenti non è qualcosa di naturale, non è un dato né ovvio né evidente. Che oggi, in pieno secolo ventunesimo, molte persone patiscano questo flagello, è dovuto ad una egoista e cattiva distribuzione delle risorse, a una “mercantilizzazione” degli alimenti. La terra, maltrattata e sfruttata, in molte parti del mondo continua a darci i suoi frutti, continua ad offrirci il meglio di sé stessa; i volti affamati ci ricordano che abbiamo stravolto i suoi fini. Un dono, che ha finalità universale, lo abbiamo reso un privilegio di pochi. Abbiamo fatto dei frutti della terra – dono per l’umanità – commodities di alcuni, generando in questo modo esclusione. Il consumismo – che pervade le nostre società – ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale a volte ormai non siamo più capaci di dare il giusto valore, che va oltre i meri parametri economici. Tuttavia ci farà bene ricordare che il cibo che si spreca è come se lo si rubasse dalla mensa del povero, di colui che ha fame».

Oltre a "de-naturalizzare" la fame bisogna anche "de-burocratizzarla", spiega Francesco. «Ci sono questioni che sono burocratizzate», denuncia il Papa. «Ci sono azioni che sono come “imbottigliate”. L’instabilità mondiale che viviamo è ben conosciuta da tutti. Negli ultimi tempi sono le guerre e le minacce di conflitti ciò che predomina nei nostri interessi e dibattiti. E così, di fronte alla diversa gamma di conflitti esistenti, sembra che le armi abbiano acquistato una preponderanza inusitata, in modo tale da accantonare totalmente altre maniere di risolvere le questioni oggetto di contrasto. Questa preferenza è ormai così radicata e accettata che impedisce la distribuzione degli alimenti nelle zone di guerra, arrivando anche alla violazione dei principi e delle direttive più basilari del diritto internazionale, la cui vigenza risale a molti secoli fa. Ci troviamo così davanti a uno strano e paradossale fenomeno: mentre gli aiuti e i piani di sviluppo sono ostacolati da intricate e incomprensibili decisioni politiche, da forvianti visioni ideologiche o da insormontabili barriere doganali, le armi no; non importa la loro provenienza, esse circolano con una spavalda e quasi assoluta libertà in tante parti del mondo. E in questo modo, a nutrirsi sono le guerre e non le persone. In alcuni casi, la fame stessa viene usata come arma di guerra. E le vittime si moltiplicano, perché il numero delle persone che muoiono di fame e sfinimento si aggiunge a quello dei combattenti che muoiono sul campo di battaglia e a quello dei molti civili caduti negli scontri e negli attentati».

Il Papa chiama a un impegno concreto di tutti i Paesi membri perché il Pam «non solo possa rispondere alle urgenze, ma possa realizzare progetti solidi e consistenti e promuovere programmi di sviluppo a lungo termine, secondo le richieste di ciascun governo e in accordo con le necessità dei popoli. Il Programma Alimentare Mondiale con il suo percorso e la sua attività dimostra che è possibile coordinare conoscenze scientifiche, decisioni tecniche e azioni pratiche con gli sforzi destinati a raccogliere risorse e a distribuirle equamente, vale a dire rispettando le esigenze di coloro che le ricevono e la volontà di chi dona».

«Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere», ricorda il Papa. Aggiungendo che questa «espressione che, aldilà delle confessioni religiose e delle convinzioni, potrebbe essere offerta come regola d’oro per i nostri popoli. Un popolo gioca il proprio futuro nella capacità di farsi carico della fame e della sete dei suoi fratelli. In questa capacità di soccorrere l’affamato e l’assetato possiamo misurare il polso della nostra umanità».