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«Hanno ancora voglia di sognare e di sperare, i giovani di oggi. Di cambiare in meglio il mondo. La Chiesa offre loro lo spazio per dire: “Possiamo farlo insieme”».
Don Riccardo Pincerato, responsabile Cei del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, racconta un mondo di ragazzi e ragazze in grado di stupirsi, di impegnarsi, di mettersi alla prova, di pregare. «Non è un caso che i posti per le esperienze di prossimità, cioè per le attività di volontariato che si possono fare durante questo evento, sono andati esauriti quasi subito», aggiunge.
A Roma, dall’Italia, verranno in tanti, quasi cinquantamila, per il loro Giubileo. Si sono preparati per tempo, con il sussidio “Pellegrini di speranza”, studiato dalla Cei su 12 parole chiave, da «coraggio» ad «abbraccio» passando per «popolo», «libertà/responsabilità», «scoperta», «gioia», «riscatto».
E dal 28 luglio al 3 agosto saranno accompagnati dal testo “La speranza non delude”, uno strumento per metabolizzare l’esperienza attraverso anche un diario digitale che consente di andare in profondità e lasciarsi interrogare. Oltre che, mettendo a disposizione in modo anonimo i propri contributi, per dare modo, grazie all’Istituto Toniolo, di “disegnare” un’immagine dei giovani di oggi.
«Sono stati chiamati dai gruppi, dalle parrocchie, dalle associazioni, ma è un dato significativo il fatto che molti verranno anche da soli», spiega don Pincerato. «L’intuizione di papa Francesco, con il tema della speranza e il richiamo all’umanità a non lasciarsi rubare il futuro, è particolarmente sentita in questa fascia d’età».
D’altra parte, ricorda il sacerdote, «la Chiesa ha voluto sempre richiamare l’attenzione, nell’Anno Santo, su qualcosa di importante per l’umanità. Nel Giubileo del 1950 c’era il tema della ricostruzione dopo la guerra, nel 1975 la pace nel tempo della Guerra fredda. Nel 2000 il Cristo come porta per il nuovo Millennio. Nel 2016 la Misericordia e oggi questo richiamo importantissimo alla speranza che non delude. I nostri giovani, rispetto ad anni passati, sembrano più tranquilli e più invisibili, ma stanno soffrendo questa mancanza di futuro. La Chiesa ricorda che c’è qualcosa di prezioso che non bisogna farsi sfuggire perché il futuro è abitato da Dio. E dunque propone questo che non è tanto il Giubileo “dei” giovani, ma “con” i giovani perché continua a vedere “in” loro e “con” loro la possibilità di un cammino».
Prima della grande veglia e della Messa del 3 agosto con papa Leone, i giovani italiani saranno in dialogo con la città e con il resto del mondo. Seguendo anche 12 catechesi in altrettante parrocchie. Significativa quella preparata dall’Azione cattolica a Santa Maria in Vallicella, sulla figura di Pier Giorgio Frassati.
Il giovane torinese la cui canonizzazione è prevista il 7 settembre, sarà uno dei testimoni chiave cui ispirarsi. La sua salma sarà presente a partire dal 26 luglio a Santa Maria sopra Minerva, la basilica che ospita le spoglie di santa Caterina, cui Pier Giorgio era devoto.
Oltre 100 volontari, poi, provenienti da diverse realtà ecclesiali e regionali e ospitati al Convitto Nazionale Vittorio Emanuele, seguiranno gli eventi. Un infopoint all’Aula magna della Lumsa, in via delle Fosse di Castello, si occuperà dell’accoglienza. Sono impegnate le parrocchie, la Caritas, che coordina e facilita le esperienze di prossimità, ci sarà uno spazio alle proposte per una Chiesa accessibile per persone con disabilità...
E il 31 luglio tutti in piazza San Pietro per la Confessio fidei, un momento per i giovani italiani per stringersi attorno al Papa e dare testimonianza della propria fede. «Quello che vorremmo», conclude don Pincerato, «è che i giovani riescano a vivere dei momenti forti che non si esauriscano solo nei giorni del Giubileo. Questa è un’esperienza che ci si porta dietro. Tanti dei ragazzi che si sono iscritti lo hanno fatto perché hanno conosciuto qualcuno che era già stato a Tor Vergata nel 2000. Certo, intanto il mondo è cambiato, sono diversi i modelli educativi e i punti di riferimento. La Chiesa non è più l’agenzia educativa della cultura contemporanea, e si va avanti a suon di like. Ma questa è anche una sfida. Perché possiamo offrire ciò che manca, cioè la comunità. Che sia accogliente, calda, capace di stare con loro in cammino».



