«L’"utopia" di Papa Giovanni XXIII compie cinquanta anni. Eppure è ancora attuale». Monsignor Mario Toso, segretario del Pontificio consiglio Giustizia e pace presenta, con il presidente del dicastero, il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, il convegno di studi che, dal 2 al 4 ottobre ricorderà la Pacem in terris.
«La Pacem in terris è attuale», spiega monsignor Toso, «perché ci aiuta a difendere efficacemente quello Stato di diritto che in essa è chiaramente prospettato, presentando tra l’altro la lista più completa dei diritti e doveri dell’uomo di tutti i documenti sociali della Chiesa».
Non solo, «la Pacem in terris è ancora attuale perché sostiene che i diritti umani vanno promossi nella loro unità ed indivisibilità. In essa, lo Stato di diritto è intrecciato con lo Stato sociale democratico. Poiché per l’enciclica giovannea lo Stato di diritto si completa e si perfeziona nella figura dello Stato sociale e democratico, ci aiuta a difenderlo dagli assalti dell’imperante ideologia tecnocratica, consumistica e mercantilistica, legata a una cultura dello "scarto"».
E ancora: «La Pacem in terris è attuale perché insegna a realizzare la pace soprattutto mediante l’educazione. In un contesto in cui il mondo sta sperimentando i primi passi di una rivoluzione militare grazie alle cosiddette «nuove tecnologie»,2 e in cui il terrorismo, con le sue molteplici forme cangianti e
difficilmente intercettabili, può seminare sempre più morte e paura (mediante l’uso di agenti biologici e i composti chimici che attaccano il sistema nervoso, la pelle o il sangue), sta divenendo sempre più evidente che la soluzione dei problemi della giustizia non potrà avvenire, in maniera soddisfacente, con l’uso sia pure legittimo della forza. Se i popoli non vorranno cadere in balia di una violenza diffusa e fluida, incontrollabile, bisognerà far leva, oltre che sul disarmo nucleare integrato da efficaci controlli, soprattutto sulla prevenzione. Essa è possibile solo mediante quel "disarmo degli spiriti" di cui parla papa Giovanni (cf Pacem in terris, n. 61), abilitando le persone e i popoli, alla mutua fiducia, ad essere costruttori di comunione e di pace. Ciò può avvenire mediante un’educazione integrale ed ininterrotta, che passa attraverso l’istruzione, l’acquisizione di nuovi modelli e stili di vita, la moltiplicazione di pratiche di vita giusta e pacifica».
E proprio all'educazione e alla formazione è dedicata la prima delle tre giornate di studio, «quella del 2 ottobre», ha sottolineato il cardinale Turkson, «quando circa 60 rettori e docenti, in rappresentanza di altrettante università pontificie e cattoliche dei cinque continenti, si incontreranno per approfondire una delle questioni cruciali dei nostri giorni: la formazione di nuove generazioni di cattolici impegnati in politica». Più che celebrare il testo, infatti, ha concluso il cardinale, «si è voluto verificare la traduzione in pratica dei suoi fondamentali insegnamenti nell’ambito dei diritti umani, del bene comune, del bene comune globale e della politica, campi nei quali si gioca la convivenza pacifica fra i popoli e fra le nazioni. Infatti, per raggiungere la pace, Papa Giovanni, più che fare teorie sulla pace o sulla guerra, fa piuttosto appello all’uomo stesso e alla sua dignità».