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Sono un’insegnante e da poco ho accompagnato mio figlio al concerto di un amatissimo rapper italiano. Ne sono rimasta S-concertata... Mentre mio figlio cantava tutte le canzoni in scaletta, io ho assistito ad uno spettacolo che mi ha creato imbarazzo, disagio e un pizzico di tristezza. Una scenografia pazzesca e dal fortissimo impatto, con effetti visivi e giochi di luce potentissimi e sul palco un artista che cantava solo ed esclusivamente per sé stesso, davanti a dei giovani deliranti.
Non entro in merito ai gusti di ciascuno – ci mancherebbe – né dei “contenuti” espressi, ma dell’assoluta mancanza di consapevolezza della responsabilità che un palcoscenico del genere offre davanti a migliaia di giovani, moltissimi dei quali minorenni. Come non capirlo? Come non sfruttarlo? E invece niente. Non una parola per loro né un incitamento, un augurio, una speranza. Io non ho percepito alcun affetto, attenzione o gratitudine verso quelle migliaia di ragazzi e ragazze che erano lì per lui, solo frasi autoriferite e pericolosissime.
LELLA
Gentile Lella, resto colpito nel leggerti, perché tu non ti dichiari delusa dalla tipologia di testi e musica del rapper in questione, come la gran parte di noi genitori avrebbe fatto, bensì dallo stile relazionale che ha offerto al suo pubblico. Fai intendere che quell’artista era “letteralmente” altrove, sconnesso dal suo pubblico, completamente concentrato su di sé. Non ha mostrato empatia, entusiasmo, accoglienza verso ragazzi e ragazze convenuti per il suo concerto. Ciò nonostante, quello che hai vissuto e sentito tu, non è stato percepito in ugual modo dal giovane pubblico presente, che ha continuato a incitare il cantante e a urlare a squarciagola i suoi pezzi.
Leggendoti, ho avuto l’impressione che tu avessi molte altre esperienze di partecipazione a concerti, in cui invece l’artista sul palco si mostrava gentile e disponibile con il proprio pubblico, lo interpellava, ne amplificava le emozioni interagendo con domande, battute, narrazioni. Io non so dirti perché quel rapper tanto amato, che richiama migliaia di ragazzi ad ascoltarlo, abbia tenuto un atteggiamento così scostante. Penso al grande Battiato, che più volte ho visto in concerto. Sembrava distante e invece ti faceva sentire immerso nel suo mondo, sensazione che ho riscoperto anche di recente leggendo L’essenza (Mondadori), il libro postumo che riporta sue frasi e citazioni e che ci aiuta a capire che un grande artista è anche un grande uomo e viceversa. Credo che la differenza stia tutta in una parola: responsabilità. Battiato ne sentiva una enorme verso il suo pubblico. Alcuni artisti, oggi, no: e ciò che cantano ai nostri figli ne è la prova tangibile



