Letteratura non per ragazzi, bensì di ragazzi e sui ragazzi: quando si parla del premio PLUS, le preposizioni non ammettono errori. Il più grande concorso letterario nazionale dedicato all’adolescenza torna ad Alessandria per il terzo anno consecutivo, incoraggiato dai risultati positivi delle precedenti edizioni.

Ideato dalla Fondazione onlus “Uspidalet”, un’associazione filantropica il cui scopo è aiutare gli ospedali della città piemontese a migliorare i livelli di qualità dei servizi sanitari, il concorso pone il focus sugli adolescenti: che si tratti degli autori (studenti delle superiori) o dei protagonisti dei romanzi (scritti dai partecipanti adulti,) l’importante è che sia il loro mondo quello sotto ai riflettori. Bruno Lulani, presidente della Fondazione, ci ha raccontato come è nato questo progetto, che in occasione della sua terza edizione rinnova la giuria e aumenta a 800 euro il premio in denaro per la sezione “Racconto-Inediti”.  

Da dove arriva l’idea di questo concorso letterario?

«La nostra Fondazione è legata in particolare all’ospedale pediatrico Cesare Arrigo e si occupa soprattutto di sanità infantile, sia mentale che fisica. Un premio letterario dedicato ai giovani ci è sembrato coerente con la nostra mission: mettere gli adolescenti al centro dell’attenzione è come accendere un faro sulle loro problematiche, investendo al contempo sullo sviluppo del loro capitale intellettuale e umano».

Il premio è giunto al suo terzo anno. Come sono andate le prime due edizioni?

«Siamo rimasti abbastanza stupiti dai risultati: nonostante sia un premio giovanissimo e molto segmentato, abbiamo ricevuto un riscontro che non ci aspettavamo, in termini di partecipazione sia qualitativa che quantitativa. Il primo anno abbiamo avuto un centinaio di scrittori per gli editi della sezione “Narrazione” e circa una quarantina nella sezione dei “Graphic novel”; quote, queste, che si sono più o meno riconfermate anche nella seconda edizione».



Fra le novità di quest’anno c’è anche il rinnovo della giuria. Sulla base di che cosa avete scelto i nuovi giudici?

«Cerchiamo persone che abbiano una profondità di pensiero, una sensibilità ai temi legati al mondo dell’adolescenza e una sorta di autorevolezza professionale. Matteo Saudino, il celebre BarbaSophia, ha risposto a questi requisiti, così come Pierdomenico Baccalario, Carola Messina e Cristina Daglio».

L’adolescenza è al centro di questo concorso letterario. Cosa spinge i ragazzi a partecipare?

«La voglia di gridare delle cose. C’è una sorta di tensione verso l’esterno, un grande desiderio di comunicare. E questo contrasta un po’ con quelli che sono i comportamenti abituali che portano alla non comunicazione».

Quali sono, generalmente, i temi che ricorrono nei loro racconti?

«Di solito argomenti che alla fine possono essere ricondotti a esperienze autobiografiche. Ci vedo sentimenti propri e vicende personali, che poi sono tradotte in forma letteraria».

Nota discrepanza fra il mondo che raccontano gli adulti e quello che invece raccontano gli adolescenti?

«In ciò che scrivono gli adulti si ritrovano i problemi dell’adolescenza, vissuti in maniera trasversale. Soprattutto nei romanzi compaiono storie che parlano di disagio, ma anche di prospettiva».

A proposito di disagio: secondo i dati Unicef rilasciati pochi giorni fa, più di 11 milioni di bambini e giovani nell’Unione Europea soffrono di problematiche legate alla salute mentale. C’è abbastanza attenzione a questo tema?

«Credo che l’Unicef abbia rappresentato il portato di una società che, ahimé, favorisce l’isolamento dei ragazzi. I ragazzi vivono tutte le loro emozioni nel mondo dei social, ma non è come vivere nella socialità, nel mondo reale. Non so se questo sia uno degli elementi che incentiva l’aumento di patologie, ma tenderei a dire che sicuramente ha una certa incidenza».

Cosa significa la scrittura per un adolescente? Può essere un modo per sbrogliare un po’ la matassa delle emozioni?

«Io credo di sì, e mi riferisco ai contatti che ho avuto con alcune scuole nelle quali sono andato a presentare l’iniziativa. Nei ragazzi che mi ascoltavano ho visto l’anelito a utilizzare mezzi espressivi, di cui la scrittura è una delle rappresentazioni principe. Ricordo, ad esempio, che il terzo classificato di una scorsa edizione mi ha confessato come, dopo aver scritto per la prima volta un pezzo, aveva deciso che da grande sarebbe diventato uno scrittore. Ciascuno di noi ha bisogno di rapportarsi al mondo, e la scrittura è qualcosa che aiuta».

Secondo la sua esperienza, è vero che i ragazzi tendono a leggere e a ragionare sempre di meno?

«Se devo giudicare da quello che ho visto, direi che è esattamente il contrario. Probabilmente c’è una sorta di barriera che a volte ottunde le menti, ma a questo fa da contraltare quella voglia di comunicare e di esprimersi di cui parlavamo prima. Nei ragazzi che ho incontrato ho visto solo grande entusiasmo. Se andiamo a vedere i risultati dei test OCSE-PISA, però, vediamo che la scuola non funziona così bene, perché non produce ragazzi all’altezza di comprendere i testi: forse allora è la scuola che sbaglia, che non usa gli strumenti corretti».

L’adolescenza è uno dei periodi più critici e delicati nella vita di ciascuno. Ha dei consigli da dare per affrontarla al meglio?

«Io credo che i giovani non debbano mai venir meno all’impegno e che non debbano mai smettere di sognare. Il sogno è una molla importantissima, ma deve essere corroborato dalla fatica: se uniamo questi due ingredienti, è difficile non ottenere risultati».

Tutte le indicazioni inerenti al PLUS, i cui termini di iscrizione sono fissati per il 30 giugno 2024, sono reperibili sul sito della Fondazione “Uspidalet” www.fondazioneuspidalet.it/.