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Cara prof, le scrivo sperando che queste parole arrivino direttamente a Gesù Bambino e lo convincano a farmi un grande regalo: la pensione. Oppure un po’ di pazienza in più per resistere dietro la cattedra. Come lei ben sa, dopo i sessanta gli anni che avanzano pesano il doppio.
E quando tra te e i tuoi alunni c’è quasi mezzo secolo di distanza, tutto diventa più difficile da comprendere e gestire. Il burnout è dietro l’angolo, non resta che sperare.
LARA
– Cara collega, mentre leggevo la tua lettera ho sorriso con la complicità di noi “veterane della cattedra”. Dai 60 anni in poi gli anni pesano il doppio. Pensi che alla tua età, solo una decina di anni fa, le tue colleghe festeggiavano la pensione e iniziavano a fare le nonne, a viaggiare, a godersi un meritato riposo in un’età delicata ma ancora molto attiva. Oggi tutto è cambiato: l’aspettativa di vita si è alzata e, visto che siamo arzille, dobbiamo lavorare ancora per un po’. Andrebbe però considerato che non tutti i lavori sono uguali e che lo stress dato dall’insegnamento, come le statistiche ci dicono, fa venire i capelli bianchi molto prima.
Quello che ora ti puoi regalare, cara amica, oltre al meritato riposo del Natale, per sopportare la fatica è cercare nel magazzino della memoria i ricordi delle soddisfazioni accumulate, delle battaglie vinte, delle classi sopravvissute e di quelle che, nonostante tutto, ci hanno lasciato un segno buono e ci fanno dire di aver fatto la differenza.
La pensione arriverà, prima o poi, magari anche Gesù Bambino darà una mano. Nel frattempo, però, non sottovalutare la forza che hai già: la pazienza, certo, ma anche l’ironia, la professionalità e la certezza, come direbbe Baden-Powell, di aver fatto “del nostro meglio per lasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato”. Ti abbraccio forte e ti auguro un Natale sereno, luminoso e, perché no, con qualche miracolo amministrativo.








