Un richiamo chiaro e attualissimo sull’uso dei social media apre la Lettera apostolica con cui Leone XIV rilegge, a sessant’anni dal Concilio Vaticano II, l’identità e la missione dei presbiteri. «L’esposizione mediatica, l’uso dei social network e di tutti gli strumenti oggi disponibili – avverte il Papa – va sempre valutato sapientemente, assumendo come paradigma del discernimento quello del servizio all’evangelizzazione».

Un criterio netto, perché – ricorda citando san Paolo – «“tutto mi è lecito”, ma non tutto giova».

Non un anniversario di carta

Il documento, datato 8 dicembre 2025, si inserisce nel solco dei Decreti conciliari Optatam totius e Presbyterorum Ordinis, che Leone XIV definisce testi tutt’altro che superati. Non si tratta, sottolinea, di «celebrare un anniversario di carta», ma di riscoprire una riflessione ancora «viva e attuale» sul ministero ordinato. Al centro, una parola decisiva: fedeltà, intesa non come staticità, ma come «grazia di Dio e cammino costante di conversione».

La vocazione nasce da un incontro

Ogni vocazione sacerdotale nasce da un incontro personale con Cristo. «Prima di ogni impegno, prima di ogni servizio sta la voce del Maestro che chiama: “Vieni e seguimi”», scrive il Papa. È il ricordo di quella chiamata che sostiene il presbitero nel tempo della prova e lo preserva da un attivismo sterile. Senza questa “uscita” da sé, avverte Leone XIV con un’espressione incisiva, «l’olio diventa rancido e l’unzione non può essere feconda».

Formazione integrale, per tutta la vita

Ampio spazio è dedicato alla formazione iniziale e permanente, indicata come una necessità imprescindibile. Non solo per affrontare le sfide culturali e pastorali del presente, ma anche per rispondere alle ferite causate dagli abusi e alla crisi di fiducia che ne è derivata. La formazione, insiste il Papa, deve coinvolgere tutta la persona. Ai seminaristi rivolge un invito esigente: «Non c’è niente di voi che debba essere scartato», perché tutto può essere «assunto e trasfigurato», affinché il sacerdote sia «ponte e non ostacolo» all’incontro con Cristo.

Pope Leo XIV holds an audience for the Jubilee in Saint Peter's Square at the Vatican, December 20, 2025. REUTERS/Vincenzo Livieri
Pope Leo XIV holds an audience for the Jubilee in Saint Peter's Square at the Vatican, December 20, 2025. REUTERS/Vincenzo Livieri
Il Papa durante un'udienza generale (REUTERS)

Fratelli prima che funzionari

Accanto alla fedeltà personale, Leone XIV pone con forza il tema della fraternità presbiterale. Non un ideale astratto, ma «un dono insito nella grazia dell’Ordinazione». In un contesto segnato da solitudine e frammentazione, soprattutto in Occidente, il Papa mette in guardia dalla tentazione dell’individualismo: «Nessun pastore esiste da solo». Da qui l’invito alle Chiese locali a promuovere forme di vita comune e di reale cura reciproca, specialmente verso i sacerdoti più soli, anziani o malati.

Missione, non efficientismo

La fedeltà, ricorda il Papa, è sempre orientata alla missione. Ma anche qui non mancano le insidie. Da un lato l’efficientismo, che misura il valore del ministero in base ai risultati e alle prestazioni; dall’altro il ripiegamento rinunciatario di fronte alle difficoltà del presente. La via evangelica è un’altra: «La carità pastorale è il principio che unifica la vita del presbitero», come ricordava san Giovanni Paolo II, ed è ciò che consente di tenere insieme contemplazione e azione senza smarrire l’essenziale.

Sinodalità, uno stile da imparare

Nel solco del cammino sinodale, Leone XIV invita i sacerdoti a superare modelli di leadership solitaria. La sinodalità non indebolisce il ministero ordinato, ma lo purifica. «La configurazione del sacerdote con Cristo Capo – precisa citando Evangelii gaudiumnon implica un’esaltazione che lo collochi in cima a tutto il resto». Al contrario, chiede uno stile di ascolto, corresponsabilità e collaborazione con i laici, valorizzando i carismi che lo Spirito suscita nel Popolo di Dio.

Uno sguardo di speranza sul futuro

Lo sguardo finale è rivolto al futuro, segnato dalla preoccupazione per la diminuzione delle vocazioni, ma anche da una fiducia incrollabile: «Il Signore non smette mai di chiamare». Da qui l’appello a una pastorale giovanile e vocazionale capace di proposte «forti e liberanti» e a una Chiesa che non rinunci a generare futuro.

Affidando seminaristi e sacerdoti alla Vergine Immacolata e al Curato d’Ars, Leone XIV ricorda infine che «il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù»: un amore che, vissuto nella fedeltà quotidiana, rende il ministero fecondo per la Chiesa e credibile agli occhi del mondo.