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È la prima volta di papa Leone al Cimitero del Verano - uno dei più grandi della città di Roma con i suoi 83 ettari di estensione e la cinta muraria che gli corre attorno - in occasione del 2 novembre, giorno in cui la Chiesa ricorda tutti i fedeli defunti. Prevost prosegue la tradizione inaugurata dal suo predecessore di visitare un cimitero cittadino durante questo giorno. Anche il colore viola dei paramenti indossati dal Pontefice e dagli altri concelebranti, tra cui il cardinale Vicario di Roma, Baldassare Reina, richiama il significato della ricorrenza odierna.
Al suo arrivo, poco prima delle 16, Leone è accolto da Silvia Scozzese, vice-sindaca di Roma, e deposita un mazzo di rose bianche su una tomba. Poi sul sobrio palco allestito presiede la Messa nello spazio dell’ingresso monumentale. Oggi, ricorda subito all’inizio dell’omelia, «non siamo qui soltanto per commemorare quanti sono passati da questo mondo. La fede cristiana, fondata sulla Pasqua di Cristo, ci aiuta infatti a vivere la memoria, oltre che come un ricordo passato, anche e soprattutto come una speranza futura. Non è tanto un volgersi indietro, ma piuttosto un guardare avanti, verso la mèta del nostro cammino, verso il porto sicuro che Dio ci ha promesso, verso la festa senza fine che ci attende. Là, attorno al Signore Risorto e ai nostri cari gusteremo la gioia del banchetto eterno: “In quel giorno – abbiamo ascoltato nella Lettura del profeta Isaia – preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande. […] Eliminerà la morte per sempre”».
Il Papa ricorda tutti i defunti e in particolare quelli sepolti al Verano: «Nel giorno della morte essi ci hanno lasciato, ma li portiamo sempre con noi nella memoria del cuore», sottolinea, «e ogni giorno, in tutto ciò che viviamo, questa memoria è viva. Spesso c’è qualcosa che ci rimanda a loro, immagini che ci riportano a quanto abbiamo vissuto con loro. Tanti luoghi, perfino i profumi delle nostre case ci parlano di coloro che abbiamo amato e non sono più tra noi, e tengono acceso il loro ricordo».
Il 2 novembre, dunque, non è solo giorno del dolore e del ricordo di chi ci ha lasciato ma è orientato alla speranza: «Questa “speranza futura”», spiega ancora il Papa, «anima il nostro ricordo e la nostra preghiera in questo giorno. Non è un’illusione che serve a placare il dolore per la separazione dalle persone amate, né un semplice ottimismo umano. È la speranza fondata sulla risurrezione di Gesù, che ha sconfitto la morte e ha aperto anche per noi il passaggio verso la pienezza della vita. Egli – come ricordavo in una recente catechesi – è “il punto di arrivo del nostro andare. Senza il suo amore, il viaggio della vita diventerebbe un errare senza meta, un tragico errore con una destinazione mancata. […] Il Risorto garantisce l’approdo, ci conduce a casa, dove siamo attesi, amati, salvati”».
Il Papa ricorda che «questo approdo finale, il banchetto attorno a cui il Signore ci radunerà, sarà un incontro d’amore», perché, aggiunge, «per amore Dio ci ha creati, nell’amore del Figlio suo ci salva dalla morte, nella gioia dell’amore con Lui e con i nostri cari vuole farci vivere per sempre. Proprio per questo, noi camminiamo verso la méta e la anticipiamo, in un legame invincibile con coloro che ci hanno preceduto, solo quando viviamo nell’amore e pratichiamo l’amore gli uni verso gli altri, in particolare verso i più fragili e i più poveri. Gesù ci invita infatti con queste parole: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”».
Papa Leone lo ribadisce: «La carità vince la morte. Nella carità Dio ci radunerà insieme ai nostri cari. E, se camminiamo nella carità, la nostra vita diventa una preghiera che si eleva e ci unisce ai defunti, ci avvicina a loro, nell’attesa di incontrarli nuovamente nella gioia dell’eternità. Mentre il dolore dell’assenza di chi non è più tra di noi rimane impresso nel nostro cuore, affidiamoci alla speranza che non delude (Rm 5,5); guardiamo al Cristo Risorto e pensiamo ai nostri cari defunti come avvolti dalla sua luce; lasciamo risuonare in noi la promessa di vita eterna che il Signore ci rivolge».
Il Pontefice sottolinea che Dio, in Gesù Cristo, «ha sconfitto la morte per sempre aprendo un passaggio di vita eterna – cioè facendo Pasqua – nel tunnel della morte, perché, uniti a Lui, anche poi possiamo entrarvi e attraversarlo. Egli», prosegue, «ci attende e, quando lo incontreremo, al termine di questa vita terrena, gioieremo con Lui e con i nostri cari che ci hanno preceduto. Questa promessa ci sostenga, asciughi le nostre lacrime, volga il nostro sguardo in avanti, verso quella speranza futura che non viene meno».
Al termine della celebrazione il Papa ha pregato per i defunti con l’aspersione delle tombe con l’acqua benedetta e la preghiera dell’Eterno Riposo.



