Parla di morte e resurrezione papa Leone all’udienza generale in piazza San Pietro. Continuando il ciclo di catechesi su “Gesù Cristo nostra speranza”, incentra la sua meditazione sul tema “La Risurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale. La Pasqua di Gesù Cristo: risposta ultima alla domanda sulla nostra morte".

Un mistero, quello della fine della vita che «ha sempre suscitato nell’essere umano profondi interrogativi. Essa infatti appare come l’evento più naturale e allo stesso tempo più innaturale che esista. È naturale, perché ogni essere vivente, sulla terra, muore», spiega il Pontefice. Allo stesso tempo, però, «è innaturale, perché il desiderio di vita e di eternità che noi sentiamo per noi stessi e per le persone che amiamo ci fa vedere la morte come una condanna, come un “contro-senso”».

Parla delle credenze che molti popoli antichi hanno sviluppato con riti e usanze legate al culto dei morti, «per accompagnare e ricordare chi si incamminava verso il mistero supremo». Al contrario, oggi la morte sembra quasi rimossa, «appare», dice papa Leone, «come una specie di tabù, un evento da tenere lontano; qualcosa di cui parlare sottovoce, per evitare di turbare la nostra sensibilità e tranquillità. Spesso per questo si evita anche di visitare i cimiteri, dove chi ci ha preceduto riposa in attesa della risurrezione».

La mongolfiera offerta a Papa Leone dall'isola di Ventotene durante l'udienza generale
La mongolfiera offerta a Papa Leone dall'isola di Ventotene durante l'udienza generale

La mongolfiera offerta a Papa Leone dall'isola di Ventotene durante l'udienza generale

(ANSA)

Ma cosa è la morte? «È davvero l’ultima parola sulla nostra vita?», si chiede il Papa. «Solo l’essere umano si pone questa domanda, perché lui solo sa di dover morire. Ma l’esserne consapevole non lo salva dalla morte, anzi, in un certo senso lo “appesantisce” rispetto a tutte le altre creature viventi. Gli animali soffrono, certamente, e si rendono conto che la morte è prossima, ma non sanno che la morte fa parte del loro destino. Non si interrogano sul senso, sul fine, sull’esito della vita. Nel constatare questo aspetto, si dovrebbe allora pensare che siamo creature paradossali, infelici, non solo perché moriamo, ma anche perché abbiamo la certezza che questo evento accadrà, sebbene ne ignoriamo il come e il quando. Ci scopriamo consapevoli e allo stesso tempo impotenti».

Forse da qui viene anche il desiderio di rimozione «e fughe esistenziali davanti alla questione della morte. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, nel suo celebre scritto intitolato Apparecchio alla morte, riflette sul valore pedagogico della morte, evidenziando come essa sia una grande maestra di vita. Sapere che esiste e soprattutto meditare su di essa ci insegna a scegliere cosa davvero fare della nostra esistenza. Pregare, per comprendere ciò che giova in vista del regno dei cieli, e lasciare andare il superfluo che invece ci lega alle cose effimere, è il segreto per vivere in modo autentico, nella consapevolezza che il passaggio sulla terra ci prepara all’eternità».

Il Papa saluta i fedeli in piazza San Pietro durante l'udienza generale
Il Papa saluta i fedeli in piazza San Pietro durante l'udienza generale

Il Papa saluta i fedeli in piazza San Pietro durante l'udienza generale 

(ANSA)

Leone mette anche in guardia dalle visioni «antropologiche attuali che promettono immortalità immanenti, teorizzano il prolungamento della vita terrena mediante la tecnologia. È lo scenario del transumano, che si fa strada nell’orizzonte delle sfide del nostro tempo». La morte, si chiede, «potrebbe essere davvero sconfitta con la scienza? Ma poi, la stessa scienza potrebbe garantirci che una vita senza morire sia anche una vita felice? L’evento della Risurrezione di Cristo ci rivela che la morte non si oppone alla vita, ma ne è parte costitutiva come passaggio alla vita eterna. La Pasqua di Gesù ci fa pre-gustare, in questo tempo colmo ancora di sofferenze e di prove, la pienezza di ciò che accadrà dopo la morte».

Quella di Gesù, come descritta da Luca, è una luce «che anticipa il mattino di Pasqua, già brilla nelle oscurità del cielo che appare ancora chiuso e muto. Le luci del sabato, per la prima ed unica volta, preannunciano l’alba del giorno dopo il sabato: la luce nuova della Risurrezione. Solo questo evento è capace di illuminare fino in fondo il mistero della morte. In questa luce, e solo in essa, diventa vero quello che il nostro cuore desidera e spera: che cioè la morte non sia la fine, ma il passaggio verso la luce piena, verso un’eternità felice».

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A Castel Gandolfo, martedì sera, Leone XIV ha risposto alle domande dei giornalisti fuori da Villa Barberini. Sull’udienza con il presidente ucraino Zelensky ha spiegato che il focus è stato sulla questione del rimpatrio dei bambini: «Un lavoro lento, dietro le quinte». Ha ribadito che la Santa Sede è disponibile ad ospitare i negoziati e su un ipotetico viaggio a Kiyv: «Spero di sì, ma bisogna essere realisti». 

Gesù, risorgendo, «ci ha preceduto nella grande prova della morte, uscendone vittorioso grazie alla potenza dell’Amore divino. Così ci ha preparato il luogo del ristoro eterno, la casa in cui siamo attesi; ci ha donato la pienezza della vita in cui non vi sono più ombre e contraddizioni. Grazie a Lui, morto e risorto per amore, con San Francesco possiamo chiamare la morte “sorella”. Attenderla con la speranza certa della Risurrezione ci preserva dalla paura di scomparire per sempre e ci prepara alla gioia della vita senza fine».