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Caro don Stefano, qualche settimana fa ho seguito la cerimonia di commemorazione della morte di papa Francesco al Parlamento.
Al succedersi degli interventi è cresciuto in me un senso di disagio, misto a tristezza, nel notare la loro erudizione evangelica nello sciorinare, quasi a gara, citazioni dei testi sacri, senza accorgersi di apparire goffi epigoni moderni dell’antica tradizione farisaica, tanto contestata da Gesù.
Uno dei tanti parlamentari ha ricordato che la scelta del nome Francesco fosse per onorare «il più italiano dei santi e il più santo degli italiani», dimenticando che l’assisiate avesse fatto come emblema della sua vita “Madonna povertà”.
Ma questi politici realizzano quanto espresso da frate Francesco, e seguito dal nostro Papa, nell’espletamento delle loro funzioni pubbliche e nella loro vita privata?
Sarebbe opportuno che se lo chiedessero ogni tanto…
UN CATTOLICO ITALIANO DI BARI
La morte di Francesco ha suscitato un grande senso di disorientamento in tutti noi e il Parlamento, istituzione laica per natura, ha voluto esprimere al Papa defunto un ricordo condiviso.
Occasione per tirarlo per la giacchetta per fini politici o reale occasione per rendergli omaggio nel miglior modo possibile, cioè non solo a parole ma anche facendo laicamente proprio il suo magistero in vista del bene comune?
Lasciamo a Dio di guardare nelle coscienze (per fortuna non è nostro compito!).
Resta la sensazione, ora che i riflettori dei media su quell’evento si sono spenti, che di quegli insegnamenti resti ben poco nello spazio pubblico.
Speriamo di sbagliarci.



