Caro don Stefano, il dibattito politico di queste ultime settimane si è incentrato sul salario minimo, cioè il riconoscimento a ogni lavoratore di una retribuzione di almeno 9 euro all’ora. Significa che, oggi, ci troviamo in presenza di lavoratori sottopagati (poveri), quindi sfruttati, nonostante siano trascorsi 132 anni dalla pubblicazione dell’enciclica Rerum Novarum e 75 anni dalla promulgazione della Costituzione italiana. In tutte le encicliche sociali sul lavoro i Pontefici hanno chiarito che questo deve essere equamente retribuito per permettere un’esistenza dignitosa. Principi recepiti interamente, grazie all’apporto dei Costituenti cattolici, dalla nostra Costituzione. Vedere politici e sindacalisti discutere del salario minimo mi fa pensare a uno Stato che invece di andare avanti va indietro.
DOMENICO MAURIZIO
Caro Domenico, tanti sono i parametri socio-economici che denunciano che la povertà da noi sta crescendo (v. la nostra inchiesta su FC 31). Il salario minimo, che vorrebbe eliminare le paghe da fame per alcune categorie di lavoratori poco o per nulla sindacalizzate e che è adottato in tanti Paesi dell’Ue, è un punto importante di questo capitolo perché tocca la dignità della persona umana nella sua dimensione fondamentale del lavoro, come hai ricordato tu citando le fonti del Magistero e della Costituzione, alla cui redazione i cattolici (ma non solo) hanno dato un grande contributo.
Nella Carta non si individua una misura concreta del salario per non ostacolare l’azione sindacale, ma vi si affermano i principi di sufficienza e di proporzionalità.
Auspichiamo ora una legge, anche se i partiti di maggioranza hanno rimandato la discussione a ottobre. Cosa ne penseranno i loro elettori sottopagati?


