Con l’imprigionamento del Battista nel carcere di Macheronte (nell’attuale Giordania) inizia il suo martirio, e così anche le letture domenicali del Lezionario ambrosiano sono impostate in modo diverso, dopo la memoria dello scorso 29 agosto, rispetto alle domeniche precedenti: «Con l’avvento di Gesù Cristo, il regno dei cieli non si è soltanto fatto “vicino” all’umanità – come predicava il Battista –, ma ormai vi ha fatto irruzione in maniera definitiva. È pervenuta a compimento la secolare attesa del regno dei cieli» (Franco Manzi).

La pagina del Vangelo odierno è stata scelta proprio perché racconta cosa accadde dopo l’arresto del Precursore. Nel racconto dell’evangelista Matteo, conclusosi il racconto delle origini, nel quale Gesù è sempre accompagnato dalla sua famiglia che lo protegge da Erode, ed esaurita la trilogia iniziale, dove al fianco di Gesù vi sono prima il Battista, poi il diavolo e poi gli angeli, dopo l’arresto di Giovanni ora Gesù è solo. Porta però con sé l’eredità della frequentazione del profeta (dal quale riprenderà le prime parole che pronuncia, «Convertitevi!») e la forza che viene dalla prova superata.

Prima di avere un seguito di discepoli, Gesù deve però lasciare il luogo dove si trovava e tornare in Galilea, adempiendo così la profezia di Isaia («Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce…»), profezia che aiuta a comprendere come la presenza del Signore in quella terra, ancor prima che venga annunciato il Regno, è già luce per Israele e per tutti coloro che vi abitano.

La partenza di Gesù per la Galilea, nel racconto di Matteo, è strettamente dipendente dall’arresto di Giovanni. Questa notizia è indifferente a Luca, che non la collega in alcun modo al ritorno di Gesù in Galilea (per Luca è lo Spirito Santo che lo conduce lì; vedi 4,14-16), e per l’evangelista Marco la connessione tra l’arresto del Battista e la partenza di Gesù è solo temporale: «dopo» la consegna del Battista – scrive Marco (1,14) –, Gesù sale in Galilea. Matteo, invece, insiste sul fatto che Gesù si ritira a Nazaret «appena udito» dell’arresto di Giovanni, costruendo così un legame di tipo causale: Gesù sta assumendo su di sé la responsabilità del Regno, e prende il testimone passatogli dal Precursore. Quando il Messaggero è in prigione e la voce – direbbe sant’Agostino – non può più parlare, entra in gioco la Parola.

Gesù, infatti, deve affrontare i rischi e uscire allo scoperto, ben consapevole che quello che è accaduto a Giovanni potrà (come di fatto poi avverrà) accadere anche a Lui. Il contenuto dell’annuncio di Gesù non è però solo quello della conversione, a cui puntava soprattutto il Battista: è l’annuncio che Dio regna, e che la sua presenza non è da cercare lontano, perché Dio è più vicino di quanto si possa sperare.

È una notizia meravigliosa: già nell’Antico Testamento si leggeva che «Dio regna» (Salmo 93,1), e ora Gesù dice che la sua regalità è presente, e anche se la terra di Israele è occupata dai Romani, Dio può regnare nella vita degli uomini e portare nei loro cuori la pace.