In una cittadina del Nord Est gli abitanti un mattino si svegliano  e si accorgono che tutti gli immigrati sono scomparsi: nessuno si presenta al posto di lavoro, i loro figli non sono a scuola e le loro mamme non vanno a far la spesa. Una finzione nel film Cose dell’altro mondo di  Francesco Patierno (2011), con Diego Abatantuono, Valerio Mastandrea e Valentina Lodovini.  Una simulazione statistica nella recente indagine del Censis che si chiede appunto  come sarebbe l’Italia senza immigrati?  Nel rapporto dal titolo “L’integrazione nella società molecolare” si legge che solo nell’ultimo anno dovremmo fare i conti con il 20% di bambini nati in meno,  nella scuola pubblica scomparirebbero 35.000 classi (gli studenti di origine straniera erano infatti 805.800 nel 2015, il 9,1% del totale.), ma diminuirebbero di  68.000 unità anche gli insegnanti. Ben 449.000 imprese si volatilizzerebbero, e dovremmo fare i conti con  693.000 lavoratori domestici in meno.
Sicuramente a livello demografico si assisterebbe a un pesante invecchiamento della popolazione in quanto la natalità è più alta nelle famiglie di immigrati.  Le nascite da almeno un genitore straniero in Italia fanno registrare un costante aumento: +4% dal 2008 al 2015, a fronte di una riduzione del 15,4% delle nascite da entrambi i genitori italiani. Dei 488.000 bambini nati in Italia nel 2015, anno in cui si è avuto il minor numero di nati dall'Unità d'Italia, solo 387.000 sono nati da entrambi i genitori italiani, mentre 73.000 (il 15%) hanno entrambi i genitori stranieri e 28.000 (quasi il 6%) hanno un genitore straniero.
Gli stranieri sono molto attivi nelle piccole imprese.  Nel primo trimestre del 2016 i titolari d'impresa stranieri sono 449.000, rappresentano il 14% del totale e sono cresciuti del 49% dal 2008 a oggi, mentre nello stesso periodo le imprese guidate da italiani diminuivano dell'11,2%.



È grazie a questa integrazione dal basso, definita molecolare, che gli stranieri sono 5 milioni (l'8,2% della popolazione complessiva), appartenenti a 197 comunità diverse. Dei 146 comuni italiani che hanno più di 50.000 abitanti, solo 74 presentano una incidenza di stranieri sulla popolazione che supera la media nazionale. Tra questi, due si trovano al Sud: Olbia in Sardegna, con il 9,7% di residenti stranieri, e Vittoria in Sicilia, con il 9,1%. Brescia e Milano sono i due comuni italiani con più di 50.000 residenti che presentano la maggiore concentrazione di stranieri, che però in entrambi i casi è pari solo al 18,6% della popolazione. Seguono Piacenza, in cui gli stranieri rappresentano il 18,2% dei residenti, e Prato con il 17,9%.
Guardiamoci intorno e proviamo a fare lo stesso gioco, eliminando quegli stranieri che ci sono vicini,  negozianti, compagni di scuola dei figli, colleghi, collaboratori domestici, operai... Ci accorgeremo che sono parte integrante della nostra vita, una risorsa imprescindibile che contribuisce a costituire, ormai nella sua essenza, la nostra società.