Non bisognerebbe neanche spiegare certi gesti. Altri sono incomprensibili. Chi perde un figlio, un ragazzino di 15 anni stroncato da un arresto cardiaco sul campo da basket, ha un fardello da portare per il resto della sua vita. Ricordarlo con un fiore sembra piccola cosa, ma non lo è per la sua mamma che puntualmente lo lascia dove il suo unico figlio ha perso la vita nel maggio del 2017. E, appunto, non bisognerebbe neanche spiegare perché lo fa. Eppure, capita che nel ricco quartiere milanese intorno a corso Vercelli, nei giardini di via Dezza, questo fiore dia fastidio e venga strappato malamente più e più volte.

Ma la mamma di Alessandro, così si chiamava questo ragazzo, non si perde d’animo e con un cartello, gentile e civile, si trova a spiegare cosa significa quel fiore e, peggio ancora, è costretta a chiedere di non toglierlo. Lo fa a nome di suo figlio: “Non strapparmi. Non mi sono più rialzato dopo essere caduto su questo campo. Questo girasole mi ricorda” Alessandro.

Il girasole che ricorda Alessandro in via Dezza a Milano.
Il girasole che ricorda Alessandro in via Dezza a Milano.
I girasoli che ricordano Alessandro nei giardini di via Dezza a Milano.

Molti in zona ricordano quel giorno e sanno perché quel girasole è li. E se è difficile capire il gesto di chi puntualmente lo strappa diventa incomprensibile accettare le parole di scherno della stessa persona che, senza neanche conoscere la nostra sintassi, ha proseguito lo scempio rispondendo e scrivendo in pennarello sul cartello: “Se tutti mettono un fiore per ogni morto, Milano sarebbe una pattumiera”.

Oggi i fiori sono ancora lì. Passate a rendergli omaggio e ricordate Alessandro se siete in zona perché nessun fiore, fresco o appassito che sia, può rendere Milano una pattumiera. Ancor più se dedicato a un figlio che non c’è più. Le parole di scherno e senza pietà, invece, sono loro a essere immondizia.