Cari amici lettori, con passo veloce siamo arrivati al Natale. Di cuore, insieme a tutta la redazione di Credere, vi auguro un sereno Natale del Signore, in questo anno 2025 segnato da così tanti eventi. Vi raccontiamo in questo numero un Natale “speciale”: quello dei cristiani che vivono nella terra di Gesù, che come Lui vivono misconosciuti e in condizioni di grave precarietà. Un racconto che ci può portare a considerare il Natale sotto una luce diversa da quella dei lustrini, e a vedervi piuttosto la festa degli umili, dei poveri, di quelli che non contano. Perché, a partire dall’Incarnazione, ogni uomo e ogni donna sulla terra – per quanto misera possa essere la sua condizione – ha una dignità speciale davanti a Dio. Quel Dio che ha scelto di essere-con-noi. Un articolo di qualche giorno fa raccontava il pranzo di Natale offerto dall’Elemosineria apostolica vaticana ai poveri sotto il colonnato di San Pietro, lo scorso 7 dicembre. Nessuna novità clamorosa, si dirà: papa Francesco ha reso queste iniziative una consuetudine. Eppure, questi poveri invitati a fare festa e diventati “soggetti” non possono non provocarci. Rileggo una bella pagina di san Charles de Foucauld: «Gesù attrae a sé con la voce degli angeli i pastori… Gesù non respinge i ricchi, è morto per essi, li chiama tutti, ma rifiuta di condividere le loro ricchezze e chiama per primi i poveri… Se per primi Tu, Signore, avessi chiamati i ricchi, i poveri non avrebbero osato avvicinarsi a Te, si sarebbero creduti obbligati a restare in disparte a causa della loro povertà…. Ma chiamando a te i pastori per primi, hai chiamato a Te tutti». Sì, a parlarci in modo profondo dello “scandalo dell’incarnazione” spesso sono i santi, come Francesco o Charles de Foucauld. Nessuna meditazione potrà mai esaurire la profondità del mistero di un Dio che si fa piccolo, onorando così tutti i “piccoli”, gli umili, i marginali della vita. San Paolo lo dice in modo straordinario: «Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Corinzi 8,9). E sempre l’Apostolo ci ricorda che le prime comunità cristiane erano composte in maggioranza da “umili” (1Corinzi 1,26-29). Il cristianesimo ha portato uno spirito nuovo nell’antica società greco-romana, dove l’aborto, l’infanticidio e l’abbandono erano considerati comportamenti “accettabili”. Ha portato di fatto un nuovo modo di guardare alle persone basato sulla caritas e sulla pietas. La Dichiarazione universale dei Diritti umani, celebrata lo scorso 10 dicembre, è in qualche modo l’esito “laico” di un valore, la dignità umana, che deve molto a due millenni di storia cristiana. La Lettera a Diogneto, dopo aver parlato dell’incarnazione, medita sulla carità, quasi come una sua conseguenza: «Ad amare Dio, diventerai imitatore della sua bontà». Papa Leone ci ricorda che «l’amore cristiano», quello fatto di «gesti personali, frequenti e sentiti», supera ogni barriera… entra nelle pieghe più nascoste della società» (Dilexi te, n. 120). Rispondendo a un lettore, raccomandava: «Quale regalo più bello può esserci di aprire le nostre abitazioni, nei giorni del Natale, per accogliere le povertà... Invitiamo alla cena di Natale una famiglia di poveri, o anche solo una persona che vive una situazione difficile, che è sola». Con questo invito, rinnovo a ognuno l’augurio di un santo Natale del Signore.

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