Lo schiaffo che pensava di riservare all'Unione europea rischia di ritorcersi contro di lui. Il premier ultraconservatore Viktor Orban aveva chiesto ai suoi concittadini di bocciare il piano di redistribuzione di migranti e profughi preparato da Bruxelles che riserva all'Ungheria 1.294 persone su 160.000 presenti in Grecia e Italia. La maggioranza degli ungheersi non l'ha seguito. E adesso le opposizione chiedono che lui si dimetta.

Il referendum promosso dal Governo ungherese sulle quote di redistribuzione dei migranti da parte dell'Ue non ha raggiunto il quorum. Gli aventi diritto al voto erano 8.270.000; l'affluenza e' stata del 43,4%, al di sotto del 50% necessario perchè la consultazione fosse valida. Si tratta di un insuccesso per il popolarissimo Primo ministro Orban, che però ha subito rivendicato la netta affermazione del no, dato al 95%,  per trarne un'indicazione politica e battersi a Bruxelles contro la redistribuzione dei migranti tra gli Stati membri. Domani terrà un discorso davanti all'Orszaghàz, il Parlamento di Budapest.


La sinistra aveva invitato gli ungheresi a non recarsi alle urne e ora chiede un passo indietro a Orban insieme alla stessa estrema destra di Jobbik che pure sosteneva il no.  "Dopo una sconfitta come questa in un Paese normale e democratico il premier si deve dimettere", ha affermato l'ex premier socialdemocratico, Ferenc Gyurcsany. Per il leader dell'estrema destra, Gabor Vona, Orban "deve fare come Cameron: dimettersi".

Il mancato quorum è in linea con precedenti consultazioni referendarie (in quella del 2004 sull'adesione all'Unione europea votò il 48% degli aventi diritto. Il quesito era così formulato: "Vuole che l'Ue possa prescrivere l'insediamento obbligatorio di cittadini non ungheresi anche senza il consenso del Parlamento ungherese?". I seggi si sono chiusi alle 19. Il referendum era stato convocato dal governo del premier nazionalconservatore Viktor Orban, al potere dal 2010, il quale ha deciso di consultare i cittadini sulla scelta dell'Ue di ripartire fra gli Stati membri i migranti arrivati con la recente ondata.