Il gruppo “mamme-scuola” su WhatsApp, mi dicono alcuni genitori, può diventare un vero incubo: un luogo in cui si lanciano i peggiori improperi agli insegnanti, dove pullulano le ansie per il meteo del giorno della gita a Firenze o si fa il confronto con la recita di fine anno della sezione B. Sembra che i genitori moderni abbiano preso davvero sul serio il loro ruolo e lo vivano con una certa apprensione.
Certo non possiamo scadere nei luoghi comuni e ricordare che quando eravamo piccoli andavamo da soli e a piedi a scuola, che non avevamo cellulari per telefonare se avevamo dimenticato il tablet, che non c’erano i nonni ad aspettarci in macchina all’uscita. Tutto era in effetti molto più ecologico! Si tratta piuttosto di capire se questa ingerenza dei genitori nella vita dei bambini sia funzionale alla loro crescita.
Quando ascolto i genitori che vengono a parlarmi, magari per chiedermi un consiglio (a me?!), emerge soprattutto la loro fatica di dire un “no” ai propri figli: hanno paura di traumatizzarli, temono che i figli possano perdere la fiducia nei genitori, si chiedono come dire un no al proprio figlio quando poi gli altri genitori li accontentano, in altre parole non vogliono esporre il figlio al confronto con gli altri.
Forse però togliere ogni ostacolo nella vita dei più piccoli non li aiuta a formarsi la consapevolezza di poter affrontare le difficoltà. E da grandi, quando i genitori non saranno più al loro fianco, dove troveranno le risorse per affrontare le fatiche della vita? Quegli anticorpi si formano solo quando siamo piccoli. Del resto, sperimentare qualche “no” nella vita ci aiuta ad alimentare il desiderio, a riconoscere che non tutto può essere ottenuto sempre e subito. Ci si allena così nella capacità di desiderare che diventa motivazione per andare avanti. Anche in questo caso, se il bambino non sviluppa questa capacità di desiderare che gli permette di guardare al futuro, si arrenderà molto presto nella vita e non crederà più nella possibilità di andare avanti. Forse di queste cose bisognerebbe cominciare a parlarne anche sui gruppi “mamme-scuola” di WhatsApp.
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