È partita da un senso di insofferenza la rivoluzione verde di papa Francesco. Già, lo Spirito Santo nella sua creatività può servirsi anche di uno sbuffo per avviare un movimento che oggi abbraccia il pianeta a 360 gradi. «Nel 2007 c’è stata la Conferenza dell’episcopato latinoamericano in Brasile, ad Aparecida. Ero nel gruppo dei redattori del documento finale, arrivavano proposte sull’Amazzonia e io dicevo: “Ma questi brasiliani, come stufano con questa Amazzonia! Cosa c’entra l’Amazzonia con l’evangelizzazione?”. Questo ero io nel 2007. Poi, nel 2015 è uscita la Laudato si'. Io ho avuto un percorso di conversione, di comprensione del problema ecologico. Prima non capivo nulla!». È stato lo stesso Francesco a raccontare questo episodio parlando a braccio a un gruppo di ambientalisti francesi, il 3 settembre scorso. Da quell’intuizione è nata una consapevolezza che poi si è trasformata in studio, magistero e azione politica. «Quando ho incominciato a pensare a questa enciclica, chiamai gli scienziati: “Ditemi le cose che sono chiare e che sono provate e non ipotesi, le realtà”. Poi, chiamai un gruppo di filosofi e teologi: “Io vorrei fare una riflessione su questo. Lavorate voi e dialogate con me”. E loro hanno fatto il primo lavoro, poi sono intervenuto io. E, alla fine, la redazione finale l’ho fatta io. Questa è l’origine». Un’enciclica che nasce con un intento politico: non solo idee ma piste concrete per provare a dare una mano al pianeta. Per questo il Papa ha chiesto agli esperti di far uscire il testo prima della Cop 21, la Conferenza sul clima di Parigi: «Deve fare pressione».
I POVERI AL CENTRO
«Questa conversione è un po’ il cammino che tutti dobbiamo fare», commenta don Josh Kureethadam, salesiano, coordinatore del settore “ecologia e creato” al Dicastero per lo sviluppo umano, nonché responsabile delle iniziative per l’anno dedicato alla Laudato si’. «Mi ricorda la conversione di san Francesco, anche il Papa si è convertito alla terra». Quando il Poverello vede «un lebbroso, lo abbraccia, in lui incontra tutta la creazione». Così il cardinale Bergoglio, «quando visitava le baraccopoli di Buenos Aires, ha capito che la crisi ecologica influisce soprattutto sulla vita dei poveri. Non è ambientalismo: è una conversione integrale alla terra, ai poveri, all’umanità». Perché, come dice la Laudato si' al paragrafo 66, «l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse tra di loro: con Dio, con il prossimo e con la terra». Quella di Francesco è stata una conversione graduale: «Prima l’enciclica, poi il Sinodo sull’Amazzonia quindi Fratelli tutti, perché in questa casa comune abitiamo come un’unica famiglia. Questo ci dice Francesco: tornare alla terra, al prossimo più vulnerabile è tornare a Dio stesso». Di questo cammino verso la consapevolezza ecologica testimoni privilegiati e protagonisti sono stati i popoli primitivi dell’Amazzonia. Il Papa ha pranzato con i loro rappresentanti, a Puerto Maldonado (Perù), il 19 gennaio 2018. «In quell’incontro ha sentito la forza dell’Amazzonia, della sua natura»: Patricia Gualinga, leader delle comunità Kichwa di Sarayaku, in Ecuador, ha partecipato come delegata al Sinodo, è stata scelta dal Papa per far parte del Consiglio speciale nato dopo il Sinodo e, nel giugno scorso, è stata designata per la neonata Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia. «Il viaggio a Puerto Maldonado è stato fondamentale per l’impegno preso dal Papa con i popoli indigeni: la Chiesa a fianco dei più poveri, degli emarginati della società, insieme per indirizzare, appoggiare e prendersi cura della creazione e della casa comune». Una conversione, dice Patricia, che viene chiesta «alla Chiesa universale. A Roma mi ha colpito la chiarezza del Papa: la sua determinazione può venire solo dallo Spirito». Per il Papa l’incontro di Puerto Maldonado è stato «la conferma di un’intuizione: la vita dell’Amazzonia si salva solo da dentro, a partire dal protagonismo dei popoli originari, dalla pluralità delle loro culture, dalla sapienza del loro rapporto integrato con il resto della Creazione». Padre Dario Bossi, superiore provinciale dei missionari Comboniani del Brasile, è stato padre sinodale. «Sono principi che il Papa aveva già disegnato nella Laudato si' e che ha sviluppato nell’esortazione apostolica Querida Amazonia», spiega. «Puerto Maldonado ha dato loro carne, storia, volti. Sempre, dopo questi incontri, si passa dall’idea alla realtà, che è ben più importante e che costringe ad assumere alleanze con la gente. Puerto Maldonado è stato per il Papa quello che è per noi, in Amazzonia, ogni incontro con la gente: sbilancia, provoca, rinnova l’alleanza».
L'ARMONIA DEL BUON VIVERE
I popoli indigeni, i pescatori, i contadini, le comunità lungo le rive dei fiumi, gli afrodiscendenti e molti altri gruppi che hanno trovato il loro equilibrio con l’ambiente al Papa hanno insegnato «il bem viver, cioè l’armonia di un modo di vita che non si basa sulla competizione, l’esclusione e il consumo delle cose, delle relazioni e del tempo», dice Bossi. «Sono testimoni che, sì, è possibile un altro sistema, che non è un’illusione o un’utopia, come si dice in Fratelli tutti. Che in molti aspetti la sapienza e la tecnologia più raffinata, quella che sa preservare la vita e la pensa rispetto alle generazioni future, è la loro più che la nostra». È chiaro, aggiunge il missionario, che ogni cultura ha le sue luci e le sue ombre, «non si tratta di fare comparazioni, ma della necessità di valorizzare le differenze e coglierle come segno della presenza di Dio, e ascoltarsi e rispettarsi. È il principio di fondo per superare il grigiore della mono-cultura del saccheggio e della distruzione». Oggi la Laudato si' chiede di «essere tradotta in pratica in tutti i biomi, i territori, le città in cui viviamo. “Il Sinodo dell’Amazzonia è figlio della Laudato si', diceva il Papa. Perché è uno sforzo di incarnazione, di risposte pratiche, capaci di profezia, di denuncia, di posizioni coraggiose. Di una Chiesa che sta dalla parte dei piccoli, dei popoli originari, che difende i diritti della natura». Non c’è più tempo da perdere, esorta Bossi. «Siamo al limite: o mettiamo in moto una transizione consistente verso un modo globale di vita ispirato dalla Laudato si', oppure la proposta del capitalismo ci divorerà. Occorrono cambiamenti urgenti verso economie a basso consumo di carbonio, una governance mondiale che garantisca il rispetto dei diritti delle persone e della natura, una transizione culturale che ci liberi finalmente dall’antropocentrismo disordinato e distruttivo che finora ha guidato le nostre scelte».
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