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Così Renzi scavalca l’articolo 18

13/03/2014  Con un decreto si liberalizzano i contratti a termine: periodo di prova più esteso, meno vincoli per le imprese che assumono. Ma la vera partita è sulla Cassa Integrazione. Ed è ancora tutta da giocare.

 Così Matteo ha scavalcato l’articolo 18

Con un decreto si liberalizzano i contratti a termine: più flessibilità per le imprese che devono assumere. Ma la vera partita è sulla Cassa Integrazione. Ed è ancora tutta da giocare.

Come spesso accade in questo Paese (e non solo), in materia di mercato del lavoro tocca ancora una volta a un Governo “di sinistra” adottare provvedimenti che potrebbero essere qualificati “di destra”. Con un risultato per ora certo: da oggi le imprese avranno meno alibi per lamentare “lacci e lacciuoli” posti dalle normative alla possibilità di assumere.

Con un decreto legge che porta la firma del ministro del lavoro Giuliano Poletti si estende infatti il periodo di prova da tre mesi a tre anni per i neoassunti. Si tratta in sostanza di una liberalizzazione ad ampio spettro, che aggira con un tratto di penna l’intera questione dell’articolo 18, quello che protegge dai licenziamenti senza giusta causa nelle aziende con più di 15 dipendenti. Per i contratti a termine salta anche il limite di una sola proroga e si fissa semplicemente un tetto massimo per questa tipologia di contratti che non potranno superare il 20% della forza lavoro di un’azienda.

Il secondo aspetto saliente del decreto-legge riguarda l’apprendistato, che ne esce semplificato. Viene meno infatti il contratto di formazione in forma scritta e cade anche l’obbligo di assumere a tempo indeterminato l’apprendista al termine del periodo di prova. L’effetto microeconomico di queste due misure sarà quello di favorire la flessibilità in entrata, di consentire alle imprese di abbattere i costi di transazione legati all’apprendimento dei nuovi occupati, e in generale di rendere meno onerosi i costi di selezione.

Ma non sono tutte rose e fiori. Il governo ha infatti riservato a un disegno di legge delega, con tutte le incognite di un percorso parlamentare che si prevede accidentato, la riforma degli ammortizzatori sociali che dovrebbe una volta per tutte porre mano alla vecchia cassa integrazione. Non è un caso: prudenza politica ha imposto al premier di sottoporre a un vaglio parlamentare uno strumento che ha tutelato negli anni della crisi dal 2008 a oggi fasce crescenti di lavoratori.  Attraverso la cassa integrazione straordinaria, infatti, hanno trovato riparo anche imprese non manifatturiere, in precedenza escluse dalla validità di questo strumento. Il salvagente è stato così estesa dal 1° gennaio 2013 (art. 3, comma 1, L. 92/2012) anche a imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta dipendenti;agenzie di viaggio e turismo; imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti; imprese del trasporto aereo a prescindere dal numero di dipendenti. Non sono metalmeccanica o (quel che resta) del tessile, dunque. La Cassa integrazione (straordinaria) è diventata uno strumento sempre più esteso ma anche oneroso, perché a carico dell’Inps. Per il primo anno, l’indennità che viene infatti corrisposta è pari all’80% della retribuzione. E può arrivare fino a un massimo di 959,22 euro.

 

Proprio sulla riforma degli ammortizzatori sociali rischiava di naufragare il già difficile rapporto tra il leader del maggior sindacato italiano Susanna Camusso e il neo premier Matteo Renzi. Nei giorni scorsi il segretario della Cgil aveva sottolineato che «noi siamo abituati a confrontarci con milioni di lavoratori guardandoli in faccia e partecipando a centinaia di assemblee. Non abbiamo televoti o qualche tweet sostitutivo della democrazia». Il riferimento era a un possibile tentativo di risolvere il tutto via decreto. Renzi deve averci pensato bene. E alla fine ha deciso di introdurre subito le misure in tema di flessibilità e di rinviare al confronto parlamentare, aperto come ovvio al confronto con le parti sociali, la partita politicamente e finanziariamente più rilevante della cassa integrazione. Sarà questo il vero terreno su cui si misurerà la sua capacità di innovazione.

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