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Don Gabriele Brusco: «Così ho pianto e pregato con i genitori di Alfie»

03/05/2018  Il prete italiano ha dato l’Unzione degli infermi al piccolo ed è stato vicino a Tom e Kate nella loro lotta per la vita. «Sono gente semplice, la loro dedizione mi fa commuovere»

L’abbiamo raggiunto mentre se ne andava da Liverpool, dopo tre giorni intensissimi, nei quali ha accompagnato Tom Evans e Kate James, nella loro lotta impari contro lo Stato britannico per salvare il piccolo Alfie.

Don Gabriele Brusco, prete della congregazione dei Legionari di Cristo, originario di Busto Arsizio, assistente del parroco David Reilly a Nostra Signora di Lourdes, quartiere londinese di Southgate, è stato accanto a questi genitori dall’inizio, dormendo soltanto due ore per notte. Ha sentito le loro grida, mentre cercavano di fermare i medici che volevano dare al loro piccolo le dosi letali di sedativi. Ha invocato la Madonna e Gesù mentre Tom Evans e Kate James praticavano la respirazione bocca a bocca al figlio per farlo continuare a vivere senza le macchine.

A Liverpool era arrivato per dare al bambino di due anni, colpito da una malattia neurodegenerativa non ancora diagnosticata, l’Unzione degli infermi quando ormai sembrava che non ci fosse più nulla da fare contro la sentenza del Tribunale che imponeva di staccare le macchine. «Sapevo che Tom Evans e Kate James cercavano un sacerdote cattolico e ho voluto rendermi disponibile. Mi sentivo un po’ in colpa perché lo scorso luglio anche i genitori di Charlie Gard, il piccolo di tre mesi, fatto morire per soffocamento, al Great Ormond Street Hospital, volevano assistenza spirituale, ma non avevo avuto il coraggio di farmi avanti», spiega il sacerdote.

LA FORZA DI DIO

«Mi ha commosso vedere il loro attaccamento al bambino. Come tutta la loro forza viene da Alfie e se lui si ferma, anche loro si fermano, mentre se lui dà segni di vita anche loro si mettono in azione». E Alfie, il sacerdote lo conferma, «è vivo e vegeto e adesso sta imparando a respirare. Si muove. Apre gli occhi. Alza la manina. E risponde agli abbracci e ai baci dei genitori». Don Gabriele porta ai genitori di Alfie la forza di Dio: «Papà Tom è cattolico e prega accanto al corpicino del figlio, mentre mamma Kate è anglicana e non conosce molto della fede, ma sta pensando di diventare cattolica. Anche gli altri parenti erano curiosi e mi chiedevano della mia vocazione», racconta don Gabriele.

LOGICA DI MORTE

  

«Sono rimasto scioccato per il modo in cui lo Stato britannico li tratta. Per come li ha isolati, cercando anche di indebolirli psicologicamente, impedendo anche ai più stretti familiari di entrare nella stanza di Alfie». Il sacerdote italiano, prestato all’Inghilterra da due anni e mezzo, che fatica a capire il difficile accento di Liverpool, si è buttato con coraggio a sostenere questi genitori eroici. Racconta il suo shock alla scoperta che tanti britannici e tanti cattolici «ritengano normale che Alfie debba morire».

«La mentalità di questo Paese è dominata dall’utilitarismo e dal pragmatismo, che ritengono morale qualunque comportamento produca felicità e piacere nel momento, per la maggior parte delle persone, senza riferimento ad altri valori. È nel migliore interesse di Alfie e del Paese intero che il bambino muoia, perché è molto malato e curarlo costa troppo al Servizio sanitario britannico», spiega don Gabriele. «Tom e Kate non sono istruiti e questa cultura di morte, tipica delle classi medie e alte britanniche, non li ha ancora penetrati. Per loro gli affetti familiari sono il valore più importante e li difendono a tutti i costi. Sono davvero aperti alla vita. Non considererebbero mai l’aborto per esempio».

«Eppure», conclude il prete, «molte persone qui in Gran Bretagna li trattano come degli stupidi, che stanno facendo soffrire senza motivo loro figlio, perché non gli garantiscono un futuro migliore, mentre io ammiro la loro dedizione verso Alfie, che mi fa commuovere fino alle lacrime».

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«Alfie è parte della famiglia italiana»
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