Come spiegare ai ragazzini, agli studenti di scuole medie e superiori di una città dell'Ucraina orientale, vicina al Donbass, le parole forti di Vladimir Putin contro il loro Paese? «Pensiamo a dei ragazzini che sentono dire dal capo di Stato della vicina potenza: il tuo Paese non è una nazione. Immaginiamo il trauma che possono vivere? E le domande che possono porsi? E allora, in qualità di professore di Storia, oggi a scuola ho dedicato tutte le lezioni ad analizzare e spiegare punto per punto, storicamente, il discorso che il presidente russo ha rivolto in Tv alla nazione ieri sera, annunciando il riconoscimento da parte di Mosca delle Repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk», racconta don Oleh Ladnuyk, salesiano di Leopoli, cappellano militare, da sette mesi residente nella città di Dnipro, vicino a Donetsk, dove lavora come insegnante in una scuola pubblica.
«Un passaggio fondamentale si trova al quinto minuto del discorso: Putin fa riferimento al processo di decomunizzazione, riferendosi al fatto che negli ultimi anni l'Ucraina ha avuto la tendenza a liberarsi del passato e dell'eredità comunista ribattezzando tutte le vie e i luoghi pubblici che avevano una denominazione sovietica. Putin afferma: l'Ucraina non esisteva, è stata creata da Lenin. L'altro messaggio molto forte e molto grave lanciato dal presidente russo: l'Ucraina non esiste come nazione, voi ucraini non siete uno Stato. Per Putin il più grande problema del ventesimo è la distruzione dell'Unione sovietica e il suo grande obiettivo è essere colui che rimedierà a questo errore e ricostruirà l'impero sovietico. Putin dice: guardate, ucraini, voi siete figli di uno sbaglio del Novecento e io devo porvi rimedio. Ci troviamo di fronte a un leader che ribalta tutto il percorso storico e vuole riscrivere la storia mondiale».
Come insegnante, per don Oleh è difficile spegare ai più piccoli che la Russia, la grande potenza confinante, vuole cancellare la loro identità di ucraini, la loro storia, il loro passato. «Nella scuola media i bambini mi guardavano sconcertati, spaventati, incapaci di comprendere, e mi chiedevano: "Don Oleh, spiegaci, ma cosa vuole Putin da noi?". E tu cerchi di rassicurarli, non puoi certo dirgli: "Guardate, Putin dice che voi non siete una nazione e che siete russi"». Con i ragazzi più grandi è diverso, con loro don Oleh è riuscito a discutere in classe, facendo dei paralleli fra oggi e altri periodi storici, con la Seconda guerra mondiale, il nazismo, le mire espansionistche di Hitler. «I ragazzi del liceo hanno già vissuto la guerra del Donbass del 2014 e sono abituati a queste situazioni di crisi. A loro, piuttosto, come cappellano militare spiego come comportarsi e che cosa fare nel caso dovesse esserci un bombardamento su Dnipro: non stare vicino alle finestre, buttarsi per terra, se sono feriti per prima cosa fermare la fuoriuscita del sangue, prima di fare qualunque altra cosa. Quelle indicazioni di sopravvivenza che io stesso, seguendo le truppe ucraine al fronte, ho vissuto direttamente nel 2014 e che ho dovuto imparare sul campo».
Ritornando al discorso pronunciato da Putin, il salesiano aggiunge: «Dalle sue dichiarazioni, la gente di Dnipro ha capito che oggi Putin non si ferma al Donbass, ma guarda oltre, al territorio nel quale io mi trovo oggi. Se è chiaro che per lui l'Ucraina come nazione non esiste, allora è evidente che per il leader russo questo territorio va riconquistato dalla Russia. Donetsk e Luhansk attualmente sono divise, metà sono ucraine metà appartengono ai separatisti filorussi. Ma pare che l'obiettivo di Mosca sia riprendere le due regioni nella loro interezza. Il problema, però, è: dove si fermerà? Fino a che punto vuole arrivare? Purtroppo, come si dice, l'appetito vien mangiando... E dopo l'Ucraina i prossimi obiettivi potrebbero essere i Paesi baltici, la Polonia... L'Europa deve restare forte, dura e unita. Solo così l'espansionismo di Putin può essere fermato».
(Foto Reuters sopra: Vadimir Putin durante il discorso pronunciato in Tv la sera del 21 febbraio)