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domenica 13 ottobre 2024
 
 

Doninelli: date conto della vostra fede

09/03/2012  Presentando il volume del benedettino Anselm Grün disponibile con Famiglia Cristiana per la serie Buc, lo scrittore denuncia la debole identità del cristiano.

Molti cristiani non sanno spiegare la loro fede. Credono, ma non sanno dire quale sia la radice del loro credere. Lo scrive Anselm Grün nel libro La fede dei cristiani spiegata ai non cristiani, terzo volume della collana Buc, la Biblioteca universale cristiana, che Famiglia Cristiana dedica alla spiritualità moderna. Ne parliamo con Luca Doninelli, scrittore e giornalista, autore di numerosi romanzi, fra i quali La revoca e La nuova era, del libro-intervista Conversazioni con Testori e del più recente Cattedrali, riflessione sul paesaggio urbano e sui luoghi del mondo, sacri e non, che consideriamo, appunto, cattedrali.

– Secondo Grün, molti si dichiarano cristiani ma non sanno spiegare cosa questo significhi. Qual è il suo pensiero in merito?

«Provi a fare quello che ho fatto io qualche anno fa. All’uscita da una Messa domenicale, fermi qualcuno e gli chieda se sa che cos’è un sacramento. Pochissimi saranno in grado di fornirle una risposta appropriata. Secondo me, però, anche quando tutti sapevano rispondere a domande come questa, poniamo mezzo secolo fa, i problemi erano già cominciati. Mancava, ed è mancata sempre di più, una dimensione culturale della fede. La domanda di Dostoevskij, se un uomo colto dei nostri giorni può rispondere affermativamente alla domanda se Cristo è o non è risorto dai morti, ci tocca profondamente. In forza di cosa un intellettuale come me può rispondere: sì? Solo se la sua Risurrezione diventa un contenuto ragionevole della mia esperienza umana. Senza questo passaggio, restano da un lato la dottrina come puro schema intellettuale, dall’altro un sentimentalismo religioso necessario per dare un po’ di contenuto esperienziale alla dottrina».

– Come ci si può aprire al dialogo interreligioso tenendo salda la propria identità?
«Solo chi tiene ben salda la propria identità può veramente aprirsi al dialogo. L’incertezza non produce dialogo, ma solo confusione – che chiamiamo a volte intolleranza – nella quale si cela una radice di violenza».

– Molti temono l’islam e la sua diffusione. Ma dietro questa paura non c’è piuttosto la difficoltà dei cristiani di affermare la loro fede in modo convinto? «La paura dell’islam nasce dall’ignoranza, dal non voler conoscere le cose, accontentandosi dei luoghi comuni, magari bene espressi da qualche editorialista battagliero e fintocontrocorrente. Noi abbiamo paura della conoscenza: se così non fosse, saremmo curiosi di sapere che cos’è l’islam, il suo pensiero, la sua teologia. Ho diversi amici musulmani, uno è addirittura tra i miei amici più cari (ho scritto anche un libro su di lui, La polvere di Allah), e non è affatto un musulmano all’acqua di rose. È vero che la diversità come tale sulle prime produce un po’ di avversione, ma si tratta solo di compiere un piccolo sforzo: saremo ben ripagati».

– Chi difende apertamente il proprio credo a volte è tacciato di fondamentalismo. Come distinguere in modo chiaro la fede vissuta con coerenza dall’integralismo?
«L’integralismo è un’ideologia, non una fede. Come dice il Vangelo (Luca, 7): “Quello al quale si perdona poco, ama poco”. Un integralista di solito non pensa di dover essere perdonato per qualcosa, perciò ama poco: si sente una specie di paladino di Cristo, mentre è solo il paladino di sé stesso».

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