Cari amici lettori, nei giorni scorsi il tema dell’uguaglianza tra uomo e donna è tornato alla ribalta per le parole del Papa nell’udienza dello scorso 8 settembre. Per questo ho chiesto di scrivere l’editoriale a Marinella Perroni, nota e apprezzata biblista e fondatrice del Coordinamento teologhe italiane.
Sembrava una strada del tutto sbarrata, e invece Francesco ha deciso di percorrerla. Sia pure a piccoli passi, il Papa cerca di portare avanti il suo piano di declericalizzazione della Chiesa anche inserendo nei vari organismi ecclesiali alcune donne. La strada è però più lunga e più impervia di quanto si possa pensare. È vero, l’apostolo Paolo aveva detto a chiare lettere che, grazie al Battesimo, «non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Galati 3,28). E, in effetti, dall’inizio fino a oggi nessuna Chiesa cristiana ha mai escluso le donne dal Battesimo e, quindi, dall’appartenenza ecclesiale. È pur vero, però, che anche per le Chiese, come per ogni gruppo umano, non è facile superare le disuguaglianze quando si tratta di esercizio dell’autorità e di gestione del potere. La Chiesa cattolica, poi, si è costruita lungo i secoli come sistema gerarchico e ha considerato proprio la differenza sessuale come uno dei fondamenti di questo sistema. D’altro canto, le notizie che quotidianamente ci giungono da Paesi in cui forte è il ruolo istituzionale giocato da una religione ci mostrano quanto il problema della parità dei sessi sia complesso, e millenni di storia non si cancellano con un colpo di spugna. Molte donne hanno acquisito grande visibilità nella vita delle nostre Chiese, ma questo, se da una parte attesta quanta strada già è stata percorsa, dall’altra segnala quanta ce ne sia ancora da fare: il Papa le chiama a partecipare al Sinodo dei vescovi, le procedure e i funzionamenti le escludono però dal diritto di voto. Certo, quando più di cinquanta anni fa Paolo VI si lasciò convincere a invitare 23 donne che rivestivano ruoli importanti nella vita delle Chiese di diversi Paesi del mondo a presenziare alle sessioni del concilio Vaticano II, del tutto esplicita era però la proibizione a prendere la parola sia nelle assemblee sia nei gruppi di lavoro. Oggi, il cammino preparatorio al prossimo Sinodo dei vescovi vedrà le donne prendere la parola nelle Chiese locali, le loro voci saranno decisive nelle consultazioni parrocchiali e diocesane, nel caso del Sinodo della Chiesa tedesca hanno anche diritto di voto. Un passo dopo l’altro. Ben sapendo che “camminando s’apre cammino”.