Che la scuola di magistratura facesse un corso di formazione in tema di giustizia riparativa, previsto nel calendario del 2016, era parso a tutti pacifico e non aveva destato interesse pubblico. Fin quando non è stato chiaro che sarebbero stati presenti, assieme a un docente universitario e ad alcuni familiari delle vittime, anche gli ex Br Adriana Faranda e Franco Bonisoli, dissociati dopo la condanna. A quel punto il caso è deflagrato nelle mailing list in cui i magistrati dibattono tra loro delle questioni che li riguardano.
E’ partito un tam tam, senza grandi distinzioni tra le correnti d’appartenenza: un dibattito acceso con più voci contrarie che favorevoli dentro una categoria che al terrorismo degli anni Settanta e Ottanta rosso e nero, ma soprattutto rosso, ha pagato un prezzo altissimo: 9 vittime in 4 anni. Voci che dicono di ferite ancora aperte, di uno iato percepito come incolmabile tra chi ha combattuto per lo Stato con la forza della legge, fino a morirne, e chi cercava di sovvertire lo Stato sparando. Dicono dell'esigenza della verità piena, come presupposto di ogni riparazione.
A far decollare il dissenso Alessandra Galli, giudice in Corte d’Appello a Milano, figlia di Guido Galli magistrato ucciso da prima Linea all’università statale il 17 marzo del 1980 che ha scritto ai colleghi: "Sono sinceramente sconcertata non certo per l'argomento dell'incontro, ma per la decisione di invitarvi Adriana Faranda. È inaccettabile il dialogo in una sede istituzionale come questa con chi ha ucciso per sovvertire lo stato e la Costituzione alla quale noi, come magistrati, abbiamo giurato fedeltà".
La maggior parte dei magistrati, pur non coinvolta in prima persona, la pensa come lei, anche se non manca chi osserva che la sintesi di un’esperienza di giustizia riparativa, non possa darsi che mettendo a un tavolo le persone che vi hanno partecipato. E infatti è previsto anche l'intervento di Agnese Moro, figlia di Aldo Moro rapito in via Fani, Sabina Rossa, figlia di Guido Rossa (non presente per motivi di salute), con Adolfo Ceretti, professore di criminologia alla Bicocca di Milano, che ha partecipato al progetto come mediatore.
Armando Spataro, amico di Guido Galli, il primo ad accorrere e, dopo, a indagare, oggi Procuratore della Repubblica a Torino, precisa che il problema: "Non è il tema della giustizia riparativa, quanto l’opportunità di chiamare ex terroristi alla Scuola che forma i magistrati". Sono in netta minoranza coloro che non considerano la presenza uno scandalo, dato che non si parla di terrorismo ma di giustizia riparativa e dato che non si tratta di “salire in cattedra”, ma di confrontarsi su un’esperienza.
Decisamente critico Fabio Roia, presidente delle misure di prevenzione al Tribunale di Milano: «Non si è tenuto conto del fatto che molti magistrati sono stati uccisi da queste persone e che oggi in magistratura ci sono i figli di quei giudici, come Alessandra Galli, ed è del tutto sbagliato il contesto", dato che la giustizia riparativa, "è un istituto che abitualmente si applica ai reati di lieve entità e ha come presupposto il compimento di atti concreti a favore della vittima. Faranda si è solo dissociata, ma non mi pare che abbia fatto altro. E questo non si può chiamare giustizia riparativa".
Valerio Onida presidente emerito della Corte costituzionale, tra i garanti del progetto, lo difende: "La formazione è per eccellenza il luogo della riflessione e del confronto, e la formazione dei magistrati non può ignorare temi come quello della giustizia riparativa. È una delle più significative esperienze di giustizia riparativa in Italia, a cui è stato dedicato anche un libro e di cui si è parlato in varie sedi. Perché non lo si dovrebbe fare alla Scuola della magistratura?".
Nel bilancio di fine giornata, però, tra i magistrati il dissenso e il disagio sono nettamente prevalenti. Tanto che a sera quello che era rimasto fin lì un dibattito interno trapelato prende forme più ufficiali: Pier Camillo Davigo e Alessandro Pepe diffondono un comunicato del gruppo Autonomia e indipendenza: "Nel momento in cui l'Italia non ha ancora dato compiuta esecuzione alla Direttiva comunitaria a tutela delle vittime, appare incomprensibile la scelta di chiamare autori di gravissimi delitti alla Scuola Superiore della Magistratura. Nuoce anche alla ricerca di nuove vie, quali la giustizia riparativa, la spettacolarizzazione conseguente ad una simile iniziativa che, al di là delle intenzioni, rischia di offendere la memoria delle vittime”.
L’ultima presa di distanza, la più pesante, dopo che era già giunta anche quella di Rodolfo Sabelli, presidente dell’associazione Magistrati, arriva in serata dai vertici del Consiglio superiore della magistratura: il Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giovanni Legnini, il Primo Presidente della Corte di Cassazione Giovanni Canzio e il Procuratore Generale Pasquale Ciccolo esprimono «il loro dissenso per la decisione della Scuola Superiore della Magistratura, appresa da notizie di stampa, di invitare a un prossimo incontro di formazione dei magistrati italiani ed europei Adriana Faranda e Franco Bonisoli. Auspicano che il Comitato direttivo della Scuola voglia rivalutare l'opportunità di tale scelta».
A quel punto la marcia indietro era nell'aria. E' arrivata oggi: incontro annullato, per ragioni di opportunità.