Ai diritti dei bambini, la rivista Famiglia Oggi ha recentemente dedicato un’intera monografia (n. 6-2013). La proposta di riflessione è originale e di ampio respiro. I singoli autori, infatti, considerano tutto ciò che si riferisce alla “cultura” dei diritti dei bambini secondo una prospettiva squisitamente familiare. In sostanza, ogni diritto che custodisce la tutela e il benessere dell’infanzia è riletto con le categorie della più ampia dimensione affettiva, relazionale e sociale garantite da ogni famiglia, primo baluardo dei diritti dei bambini.
L’imprinting è sicuramente fornito dal lavoro di Francesco Belletti. Il direttore del Cisf traccia le coordinate concettuali che aiutano a comprendere in che modo la tutela della dignità dei piccoli si può tradurre nei termini di un’impresa condivisa tra il nucleo familiare e il contesto sociale: «La “cultura dei diritti” costituisce un punto di riferimento insostituibile nel lungo percorso storico di tutela della dignità della persona. Ma il diritto da solo non basta: occorre una cultura condivisa, una consapevolezza diffusa e una responsabilità personale. Questo è tanto più vero se ci si confronta con il tema dei diritti dei bambini, il cui benessere veniva in precedenza custodito all’interno della famiglia, grazie a un orizzonte valoriale, più che in forza di un sistema normativo esplicito. Ecco perché il tema dei diritti dell’infanzia va collocato principalmente all’interno delle relazioni familiari, primo e insostituibile ambito di protezione e promozione del benessere di ogni persona e a maggior ragione di ogni bambino».
Di grande impatto anche il contributo del già procuratore della repubblica per i minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta, Piercarlo Pazè. L’esperto getta uno sguardo sulla nuova legge italiana che equipara i figli nati fuori dal matrimonio a quelli nati al suo interno, sottolineando le responsabilità che fanno capo ai genitori: «Il riconoscimento dei diritti dei bambini, realizzato dalla Convenzione Onu dei diritti del fanciullo del 1989, ha avuto compimento con la Legge 10 dicembre 2012, n. 219, integrata dai decreti delegati emanati nell’autunno 2013. Questa legge ha introdotto grandi novità. Spariscono le divisioni fra figli legittimi e naturali e ai bambini nati fuori dal matrimonio vengono riconosciuti gli stessi diritti attribuiti ai nati nel matrimonio. La potestà genitoriale è sostituita dalla responsabilità dei genitori, intesa come fascia di poteri e diritti funzionali ai doveri verso i figli. Infine, compare per la prima volta un catalogo di sette principali diritti del figlio: a essere mantenuto, istruito, educato e assistito moralmente dai genitori, di crescere nella propria famiglia, di mantenere rapporti significativi con i parenti e di essere ascoltato dai genitori in tutte le questioni che lo riguardano».
Rosa Rosnati e Raffaella Iafrate, docenti di Psicologia dell’adozione, dell’affido e dell’enrichment familiare all’Università Cattolica di Milano, affrontano, invece, il delicato tema del diritto ad avere un padre e una madre. Tema oggi molto dibattuto: «Il fatto che un bambino per crescere abbia bisogno di un papà e una mamma sembrava fino a poco tempo fa qualcosa di condiviso da tutti: ora, per molti, sembra non essere più così. L’incremento dell’instabilità coniugale, la diffusione di famiglie monogenitoriali e forme familiari alternative e il dibattito sui diritti delle coppie omosessuali mettono in discussione tale affermazione. Occorre invece riflettere sui fondamenti psicologici del bisogno di avere un padre e una madre per ogni essere umano. Solo così si possono indagare le conseguenze dovute all’assenza o inadeguatezza delle figure genitoriali nello sviluppo psicologico del figlio e alla necessità di eventuali figure sostitutive». Scendendo in dettaglio, le due esperte chiariscono che «se da decenni la letteratura psicologica ha ampiamente sottolineato l’importanza del legame di attaccamento con la madre quale fondamento del benessere psichico del figlio, gli studi più recenti hanno evidenziato anche l’importanza della funzione paterna man mano che il figlio o la figlia crescono, a motivo della necessità di regole e di orientamento verso l’autonomia che, specie dall’adolescenza in poi, divengono fondamentali. Possiamo dire, in altre parole, che la genitorialità si esplica nella cura responsabile nei confronti del figlio che coniuga sia aspetti di cura, protezione, affetto e speranza, tipici della funzione materna, sia l’aspetto della norma, del senso di giustizia e di equità riferibile alla funzione paterna. A questo secondo aspetto è connesso il compito di orientamento dei figli, cioè l’offrire loro una sorta di “bussola” interiore, un insieme di criteri, che comunemente chiamiamo valori, cui essi possono riferirsi nelle situazioni della vita e su cui sono chiamati a operare una scelta, una volta divenuti adulti». In sostanza, «lungo il percorso di crescita dei figli, la compresenza di un codice affettivo materno e di un codice etico paterno è fondamentale per garantire un’equilibrata evoluzione dell’identità personale». Ecco dunque che «madre e padre giocano ruoli e funzioni diverse e complementari nella crescita dei figli, pur modificandosi nel tempo a seconda dell’età dei figli».
Un affondo sul diritto dei bambini all’istruzione è curato da Pierpaolo Triani, docente di Didattica generale all’Università Cattolica di Milano. L’autore parte da un interrogativo cruciale: «Riescono gli attuali sistemi scolastici, sempre più articolati, a promuovere per ogni bambino il diritto all’istruzione?». La risposta non è affatto semplice: «Lo scenario mondiale, nonostante i notevoli passi in avanti compiuti nel corso degli ultimi decenni, presenta ancora situazioni di drammaticità e ben 61 milioni di minori non frequentano la scuola primaria. In Italia, invece, la sfida non è più quella dell’accesso, ma quella di garantire a ciascuno le possibilità di riuscita. I dati italiani, infatti, ci presentano un quadro ancora molto differenziato dove la possibilità di realizzare a pieno il proprio diritto all’istruzione dipende ancora troppo da fattori sociali ed economici. Vinta la sfida dell’acceso per tutti, è ben lontana dall’essere vinta quella del promuovere e sostenere, per ogni bambino, le condizioni per una buona riuscita».
Va da sé, inoltre, che nell’odierna società, il tema dei diritti del bambino assume una posizione centrale alla luce dei tanti rischi per lo sviluppo a cui i più piccoli vanno incontro. Lo conferma Giovanni Corsello, presidente della Società italiana di pediatria: «Da anni miriamo a promuovere il benessere e tutelare i diritti di un soggetto fragile, in quanto in corso di sviluppo, come è il bambino sino al pieno raggiungimento dell’età adulta. Con questo scopo, abbiamo anche stilato un decalogo di diritti dei bambini da identificare come priorità per le nostre istituzioni e per la nostra società. Il pediatra come “avvocato dei bambini”, fa della tutela e della promozione dei suoi diritti alla vita e alla salute una vera e propria “mission” a tutto campo».
Vincenzo Spadafora, garante per l’infanzia, apre vie interessanti per il futuro. Tenta di mappare l’odierna condizione infantile e adolescenziale e di dare voce alle storie meno conosciute in modo da incoraggiare la costruzione di alleanze con le diverse istituzioni. In effetti, come sottolinea il garante, «occuparsi oggi in Italia di infanzia e di adolescenza è un compito ambizioso, utile e allo stesso tempo complesso». Il periodo di crisi economica, i continui e burrascosi mutamenti politici, il disinteresse storico nei confronti di certi temi impongono un’azione sempre più forte e incisiva: «Occorre cambiare leggi, politiche e prassi operative per rendere esigibili i diritti dei bambini e degli adolescenti, ma deve anche essere promosso un radicale cambiamento culturale. È fondamentale investire sulle azioni di sistema, lavorare in rete, ed è quanto mai necessario che la classe dirigente del Paese inizi a comprendere il valore di certi investimenti, che possono essere un antidoto per uscire dalla crisi e per non compromettere la crescita futura. Cominciamo dall’ascolto e dalla partecipazione dei minorenni alle decisioni che li riguardano, è uno dei diritti della Convenzione meno attuati».
Conclude l'itinerario una lucida analisi di Save the Chiuldren Italia sulla mortalità infantile e sulle azioni per prevenirla. Sono milioni di “vite sul filo” quelle che si potrebbero salvare ogni anno se solo gli Stati si impegnassero di più. La mortalità infantile, sottolineano con forza gli esperti, toglie la vita a oltre 6 milioni di bambini a causa di malattie infettive curabili e prevenibili con semplici soluzioni. L’equità nella salute materno-infantile è oggi riconosciuta come un elemento cruciale sul quale intervenire per ridurre il numero dei decessi entro i 5 anni di vita. Ogni bambino, in ogni luogo e grazie alla collaborazione di tutti, deve poter continuare a vivere come sostiene Every One, la campagna globale di Save the children, nata nel 2009, per garantire salute e assistenza ai più piccoli. Da allora al 2011, solo in Italia, si sono mobilitate 2.199.984 persone. Per dire basta a “mondi dispari”.