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giovedì 12 settembre 2024
 
 

Usa, se i Repubblicani aiutano Obama

01/02/2012  Mentre i candidati alla nomination repubblicana s'indeboliscono con reciproci attacchi personali, il Presidente in carica sembra recuperare terreno. E l'economia gli dà una mano.

“Obama e’ l’ uomo piu’ fortunato d’ America”. Con questo commento inusuale per un repubblicano, Alex Castellanos stratega d’ eccellenza del GOP (Great Old Party) ha commentato martedi’ notte la vittoria alle primarie della Florida di Mitt Romney e il conseguente rifiuto di Newt Gingrich di ammettere d’ essere su un sentiero che lo portera’ lontano dalla nomination.

Castellanos ha poi aggiunto: “Secondo me l’attuale inquilino della Casa Bianca crede sia Natale: gli stiamo infatti offrendo uno scenario da sogno adatto a un presidente debole come lui: i suoi oppositori repubblicani perdono tempo parlandosi addosso e crolleranno sfiniti al traguardo della nomination”. Mentre Mitt Romney celebrava la sua vittoria in Florida con 14 punti di vantaggio su Newt Gingrich, Barack Obama partecipava al St Regis Hotel di Washington a una cena per la raccolta fondi per la campagna elettorale cui hanno partecipato 50 fedeli del partito democratico che hanno versato 35.800 dollari a testa.

Fra coloro che hanno collaborato alla strepitosa vittoria di Romney c’e’ un ampio spettro della popolazione della Florida che comprende i pensionati (tantissimi americani si stabiliscono in questo stato quando smettono di lavorare), i benestanti, i cattolici cristiani e gli ispanici. Gli evangelisti, che rappresentano lo zoccolo duro del Tea Party hanno diviso i loro voti fra Newt Gingrich e Rich Santorum. I voti combinati presi da Gingrich (32%) e Santorum (13%) sfiorano preoccupantemente il 46% di Mitt Romney. Romney, candidato senza ombra di dubbio di preferenza dell’ establishment del GOP, nel corso del gigantesco salto nel vuoto che fara’ nelle prossime settimane ha il problema di tentare di convincere Gingrich ad abbandonare la campagna (come vorrebbero tanto i quadri del partito), ma anche quello di fare si che Rick Santorum non si ritiri tanto presto.

Lo scenario ideale, che pero’ non si avvererà, sarebbe d’ arrivare al Super Tuesday del 6 marzo, quando ci saranno primarie in 10 Stati, senza l’ incubo Gingrich. Nell’ ipotesi che Santorum, il beniamino del Tea Party, si ritiri presto, i suoi voti andrebbero a Gingrich, cosa che farebbe un sacco di piacere alla Casa Bianca, ma getterebbe nella costernazione Romney. Mercoledi’ mattina ai giornalisti che gli chiedevano quanto sarebbe durata la lotta per la nomination in seno al partito, Gingrich ha risposto: “Fino a giugno o luglio, a meno che Romney non si ritiri prima”.

Mitt Romney, il candidato ideale dell’ establishment repubblicano non puo’ dunque dormire sugli allori della Florida. Il suo obiettivo delle prossime settimane sulla carta e’ Obama, ma deve assolutamente tenere un piede sul collo a Gingrich e tentare di convincerlo a non continuare la campagna elettorale fino alla convention di fine estate a Tampa. La strada per Romney e’ dunque lunga e in salita. Obama sta vantando miglioramenti dell’ economia, Gingrich ha giurato di contestare ogni tentativo del partito di spingerlo verso l’ uscita.

E come se non bastasse anche se sempre piu’ gente comincia a guardare Mitt Romney come “candidato assolutamente credibile”, l’ ex governatore del Massachusetts ha il grosso handicap di non suscitare simpatia al primo sguardo. Un sondaggio d’ opinione condotto qualche giorno fa rivela che Romney piace solo al 31% degli interpellati, mentre al 49% non e’ simpatico: musica per le orecchie in campo democratico.

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