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lunedì 20 gennaio 2025
 
L'analisi
 

E alla fine il Giro d'Italia ha ceduto a Israele

30/11/2017  Le altimetrie e i depliant con “Gerusalemme Ovest” come punto di partenza della corsa sono stati corretti. «Gerusalemme è la capitale di Israele», dice il Governo, «non vi sono Est e Ovest». Resta però il fatto che la dizione “Gerusalemme Ovest” è assolutamente corretta, di più: è quella che dovrebbero usare tutti coloro che non sono cittadini di Israele. A questo punto occorre ricordare un po’ di storia...

Sarebbe un grosso errore sottostimare la polemica scoppiata tra il Governo di Israele e l’organizzazione del Giro d’Italia a proposito della definizione “Gerusalemme Ovest”. Perché la materia è politicamente sensibile, anzi infiammabile, e infatti per quella definizione da anni continuano a morire israeliani e palestinesi, come nell’ultima intifada, quella detta “dei coltelli”. Perché (anche) intorno a quella definizione si muove molta della politica del Medio Oriente, che tranquilla non è. E infine perché la questione, in sé secondaria, evoca il solito dilemma: se cioè valga ancora il diritto o solo la legge del più forte e del vincitore.

Riassumiamo. Due ministeri dello Stato di Israele, quello dello Sport e Cultura (retto dalla signora Miri Regev, ex brigadiere generale, ex portavoce dell’esercito, membro del partito Likud e nota per le posizioni intransigenti che l’hanno portata a sospendere i finanziamenti a enti e compagnie sospettate di simpatie pacifiste o considerate filo-palestinesi) e quello del Turismo (il ministro è Yariv Levin, avvocato, anche lui del Likud, noto per essere assolutamente contrario alla creazione di uno Stato palestinese), minacciano di annullare la partecipazione di Israele al Giro d’Italia (tre tappe nello Stato ebraico, con un finanziamento da parte di Israele) se dai materiali informativi del Giro stesso non sparirà la dizione “Gerusalemme Ovest” come punto di partenza della corsa. “Gerusalemme è la capitale di Israele”, dice il Governo, “non vi sono Est e Ovest”. Aggiungendo che “tali pubblicazioni sono un’infrazione alle intese col Governo israeliano”.

Se i ministri israeliani affermano il vero, e cioè gli organizzatori del Giro d’Italia avevano stretto con loro patti che poi hanno violato, c’è poco da dire. Ci sarà da qualche parte un contratto che fa fede. E chi ha sbagliato dovrà risponderne.

Resta però il fatto che la dizione “Gerusalemme Ovest” è assolutamente corretta, di più: è quella che dovrebbero usare tutti coloro che non sono cittadini di Israele. A questo punto occorre ovviamente un po’ di storia.

Nel 1967, con la vittoria nella guerra dei Sei Giorni, Israele prese il controllo di Gerusalemme Est (la città era divisa in due dal 1948, cioè dalla proclamazione dello Stato di Israele e dalla guerra che ne era seguita), proclamando alle Nazioni Unite che non si trattava di un’annessione ma piuttosto di una “integrazione giuridica e amministrativa”. Situazione che cambiò abbastanza presto grazie a una sentenza della Corte Suprema di Israele che, al contrario, stabilì che Gerusalemme Est era diventata parte integrante dello Stato ebraico. Nel 1980, poi, il Parlamento di Israele (Knesset) approvò la Legge per Gerusalemme come parte della Legge Fondamentale (Israele non ha una Costituzione in senso proprio) del Paese, dichiarando Gerusalemme capitale unificata dello Stato ebraico. Posizione peraltro condivisa e sostenuta dalla larga maggioranza della popolazione israeliana, come diversi sondaggi hanno negli anni dimostrato.

Questo sul lato di Israele. Per il resto del mondo, invece, le cose stanno in modo ben diverso. Le Nazioni Unite considerano Gerusalemme Est “territorio occupato” e lo fanno dal 1947 (cioè da prima della nascita dello Stato ebraico), quando approvarono la Risoluzione 181 che dice: “La città di Gerusalemme resterà un corpus separatum retto da un regime speciale internazionale e amministrato dall’Onu”. Posizione poi sempre ribadita: nella Risoluzione dell’Assemblea Generale del 1949, nel Rapporto speciale sui diritti dei palestinesi del 1979, nella Risoluzione 63/30 del 2009 (“Tutte le azioni intraprese da Israele, potenza occupante, per imporre le proprie leggi, la propria giurisdizione e la propria amministrazione sulla Città Santa di Gerusalemme sono illegali e quindi prive di qualunque legittimità”) e in ben sei Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, compresa la 478 del 1980 che definiva la Legge per Gerusalemme approvata dalla Knesset una “violazione del diritto internazionale”.

Così la pensano anche gli Stati Uniti, l’Unione Europea, la Russia, il Vaticano e la stragrande maggioranza delle nazioni ufficialmente rappresentate all’Onu, per non parlare ovviamente dei palestinesi. Il che spiega, anche, perché tutte le ambasciate sono tuttora a Tel Aviv e non a Gerusalemme. C’è qualche eccezione: la Repubblica Ceca riconosce Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico, anche Vanuatu, e forse qualche altro. Difficile quindi equivocare. Israele ha la forza per fare ciò che vuole in casa sua e nei territori occupati. Ma questo non obbliga nessuno ad approvare ciò che fa e nemmeno a riconoscerne la legittimità.

Ci si passi il paragone: Gerusalemme Est, al momento, ha come parte di Israele la stessa legittimità internazionale che ha la Crimea come parte della Russia. Qualunque ragione, giusta o sbagliata, possano addurre gli israeliani.

Resta da capire perché i benemeriti organizzatori del Giro d’Italia abbiamo deciso di andarsi a infilare in una bega così complicata e tragica, che da decenni impegna i politici di tutto il mondo, divide gli animi e provoca tragedie. E soprattutto perché alla fine abbiano ceduto, cancellando la definizione “Gerusalemme Ovest” dai loro materiali informativi, pur avendo ragione. E perché ora dicano che “tale dicitura (Gerusalemme Ovest, n.d.r) era priva di alcuna valenza politica” senza rendersi conto che il loro cedimento una valenza politica ce l’ha, e pure grossa.

Ma questo è un altro discorso.

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