Tra le categorie importanti, e fortemente radicate nella Scrittura, per spiegare il senso della salvezza in Cristo troviamo quella di «illuminazione». Gesù ci tira fuori dalle tenebre del peccato e dell’ignoranza per condurci nella sua splendida luce. Già nell’Antico Testamento troviamo occasioni in cui la salvezza messianica sperata è presentata con questa categoria. Un esempio, ripreso peraltro nel Nuovo Testamento, lo troviamo in Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Isaia 9,1).
Gesù stesso si presenta come «la luce del mondo» (Giovanni 8,12; 9,5) e invita a seguirlo per camminare nella luce della vita. Già Giovanni, nel Prologo, presenta Gesù come la «luce vera» (Giovanni 1,9). Cos’è l’illuminazione? I Padri della Chiesa l’hanno capita come un uscire dalle tenebre dell’ignoranza e del peccato e ingresso nella verità. Quale verità? Non quella teorica, ma la verità su Dio, sul mondo e su se stessi. Non è quindi una verità concettuale, ma una verità relazionale. Paolo riassume questa salvezza come illuminazione e conoscenza vera così: «Dio, nostro salvatore, […] vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1Timteo 2,3- 4). Conoscere la verità di Dio è riconoscerlo e unirsi a lui.
Forse la spiegazione diventa più tangibile e intrigante se la vediamo alla luce di una vita. Per questo mi piace in chiusura accennare a san Giustino filosofo martire. Questi, dopo aver cercato la verità presso i platonici e altre correnti filosofiche, ha incontrato i cristiani e Cristo. Si può riassumere la sua scoperta con l’episodio dell’anziano cristiano che gli dice queste parole in riva al mare: «Le porte della luce siano aperte a te, perché nessuno può vedere né capire, se Dio e il suo Cristo non gli danno comprensione». In Cristo, Giustino capisce chi è Dio veramente.
Dio non è un motore immobile, ma il Dio che viene incontro all’uomo, lo ama e lo salva. Coglie la vera filosofia, la vera sapienza della Vita, la impara dalla Sapienza incarnata che dona un senso non solo alla vita, ma anche alla morte. Sono toccanti le sue parole a Trifone l’ebreo: «Un fuoco improvviso si accese nella mia anima: fui preso d’amore per i profeti e per questi uomini amici di Cristo; e riflettendo in me stesso su tutte queste parole, trovai che questa filosofia era la sola sicura e proficua». L’analogia della luce era così radicata che il Battesimo stesso è conosciuto come photismòs, che significa “illuminazione”.