Nanni Moretti torna al centro dei suoi film. Dopo essersi progressivamente fatto da parte, sparendo quasi in Tre piani, nel suo ultimo Il sol dell’avvenire è di nuovo mattatore. Presta il volto a un regista, che sta realizzando un progetto ambientato inizialmente negli anni Cinquanta. Il protagonista è Ennio, un giornalista del Partito comunista italiano (Pci) che scrive per L’Unità. La realtà si mescola con la finzione, in alcune sequenze si sfiora anche il musical. Ennio è interpretato da Silvio Orlando.
«Il mio personaggio incarna una figura che ho conosciuto frequentando un po’ la vita del Partito. È commovente, perbene, un idealista. Ma non riesce a vedere con lucidità quello che lo circonda. Una volta il partito era la casa, la famiglia, la definizione di sé stessi, un sogno collettivo. Significava resistere alla violenza esterna, alla povertà. C’era la famosa frase in cui si diceva: “Il privato è politico”, perché determinava i rapporti tra le persone. Si litigava, si smetteva di parlarsi per un ideale», spiega Orlando. Ad affiancarlo, oltre a Moretti, ci sono anche Margherita Buy, Mathieu Almaric e Barbora Bobulova. Il sol dell’avvenire sarà in concorso al Festival di Cannes.
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Com’è cambiato il modo di fare politica nel tempo?
«È subentrato una sorta di disincanto. La società è diversa. Ci si muoveva come una massa, adesso si è individualisti. Questo è un aspetto che ci ha travolto. La mia generazione si confrontava con altre sfide. Ora ci si concentra su una feroce scalata al potere, una battaglia continua».
Che cosa manca oggi?
«Probabilmente la speranza. Stiamo tentando di raccogliere i cocci, ma la sensazione è di non essere più padroni del proprio destino. Pensavamo che le nostre storie potessero cambiare le cose, invece non è più così. Ognuno si chiude
in una piccola bolla, in cui cerca di sopravvivere. È difficile organizzare un progetto politico, tendere a un mondo migliore. Continuiamo a distruggere, mai a costruire».
Chi è Nanni Moretti?
«(Ride, ndr). Incontrarlo significa venire a contatto col cinema. Mi ha fatto crescere molto, mi ha dato consapevolezza. Ti aiuta a trovare un senso, questo è un punto di arrivo della sua vita».
In The Young Pope e The New Pope di Paolo Sorrentino lei è stato il Cardinale Angelo Voiello.
«È vero, è stato un banco di prova importante. Era un contesto scomodo: una grossa produzione piena di divi internazionali a cui non ero abituato, recitare in una lingua che non era la mia, con cui non avevo dimestichezza. Per fortuna il personaggio era scritto in maniera divina (ride, ndr)».
Qual è il suo rapporto con la religione?
«Non è facile avere fede e vincere contro la pigrizia, essere davvero coinvolti. Spesso si accetta di chiudere un occhio, ma non è giusto. Il rapporto con Dio dovrebbe essere totale. A volte spaventa, allontana. Si cerca di essere giusti, di non fare mai del male agli altri. C’è però un comandamento a cui sono legato: “Non avrai altro Dio all’infuori di me”. Ha determinato la mia vita. L’uomo deve mettere qualcosa sopra a sé stesso nelle proprie scelte. Quando l’essere umano crede di potersi sostituire a Dio, accadono catastrofi terrificanti».
In Il sol dell’avvenire si riflette anche sulla famiglia.
«Purtroppo è uno degli aspetti in cui mi sento meno realizzato. L’infanzia è stata dura, mia madre è morta molto presto. Non è facile salvarsi da soli, bisogna avere una strategia. Poi con mia moglie non siamo riusciti ad avere figli. Siamo una coppia meravigliosa, però forse quando si fa riferimento alla famiglia si intende qualcos’altro».
Progetti futuri?
«Rischio di diventare il “più grande attore italiano morente” (ride, ndr). Saranno ruoli in cui si rischia la pelle... Con Paolo Virzì riprendiamo il filo di Ferie d’agosto, per scoprire che cosa è successo decenni dopo. Le riprese partiranno a giugno. Con Paolo Sorrentino, invece, lavoriamo a una storia allegorica su Napoli. Al centro ci sarà una ragazza, nel rito iniziatico della sua vita. Sarò una delle persone con cui viene a contatto».
Lei è di Napoli. Segue il calcio?
«Certo. Siamo molto felici di poter realizzare questo bellissimo sogno. In alcune occasioni ho seguito la squadra in trasferta, mi hanno anche dedicato uno striscione allo stadio: “Voiello uno di noi”... Però a Napoli dobbiamo fare attenzione, perché siamo i guastafeste di noi stessi. C’è paura e attesa. Si devono evitare le illusioni, il risveglio può essere duro, e fare male»