Quanto conta il sonno nella nostra vita da dedicargli una giornata mondiale? Quanto incide sulle prestazione di tutto il resto della nostra giornata? Quanto ci condiziona? Ci aiuta a capire il professor Luigi Ferini Strambi, direttore del Centro di Medicina del Sonno San Raffaele Turro, Milano.
«Da alcuni anni ricorre la giornata mondiale del sonno a ribadire che non è un optional, ma un aspetto importante della nostra vita. Primo perché il sonno è il più potente inibitore di cortosilo, l’ormone dello stress, inibendone la produzione; poi perché serve per il miglior funzionamento delle nostre funzioni cognitive, durante il sonno consolidiamo la memoria; terzo, il sonno ha un rapporto diretto con il sistema immunitario: la produzione di anticorpi è migliorata da un buon sonno».
Quando si può dire che si dorme bene?
«Il sonno vive di una estrema individualità; per la maggior parte delle persone dormire bene equivale a 7/8 ore di sonno a notte, ma esistono anche i brevi dormitori, quelli da 4 ore, che fanno tutto quello che gli altri fanno nel doppio del tempo. Il sonno non è fatto di sola quantità bensì di qualità. Diversamente non si spiegherebbe perché ci sono soggetti che dormono 7/8 ore a notte e si svegliano stanchi. Possono interferire le apnee notturne che causano un sonno frammentato, il mioclono, scatti alle gambe che interrompono la continuità del sonno, come pure ci sono soggetti che tendono ad avere tanti micro risvegli, spesso incoscienti, caratteristici del sonno perturbato. Per esempio, se un soggetto dorme in un ambiente molto silenzioso dormirà molto probabilmente meglio; se lo stesso dorme in un ambiente rumoroso si esporrà al rischio di micro risvegli».
Quali sono i disturbi più frequenti?
«Il disturbo più diffuso è indiscutibilmente l’insonnia. Per dare un numero, quella vera che impatta sulla qualità della vita, interessa circa il 9% della popolazione generale. Poi c’è l’eccessiva sonnolenza diurna che colpisce il 5/6% della popolazione generale la cui prima causa è la privazione di sonno per motivi voluttuari o contingenti. Come pure la sindrome delle apnee ostruttive del sonno. Senza, poi, contare le patologie legate alle “stranezze” notturne: come il sonnambulismo, che colpisce più frequentemente i ragazzini e degli adolescenti, o il disturbo comportamentale in sonno rem che colpisce soprattutto i 50/60enni. Soggetti che, in fase rem, vivono il sogno, mentre tutti noi in quella stessa fase siamo paralizzati. Questo è l’aspetto che più stiamo studiando perché può avere una relazione con le malattie neurologiche.
Quali i rimedi o, almeno, le mosse da fare per predisporci a un sonno migliore?
«Lo stile di vita è sicuramente fondamentale (sonno, sport e alimentazione ndr). E poi la sera, due ore prima di andare a dormire, è meglio evitare di fare cose molto stimolanti perché vanno spenti i centri della veglia. Vanno evitate le fonti luminose, tra i pod, i pad, etc; le discussioni e l’attività sportiva. Tutte le cose che ci tengono molto attivi. Ma c’è da ricordare questo: mentre per le insonnie, raccogliendo la storia dei soggetti, riusciamo a farne una diagnosi corretta, nel caso dei comportamenti insoliti vale la pena di rivolgersi a un centro specializzato ed eventualmente fare il “polisonnogramma”, un esame per capire la struttura e l’architettura del sonno».