Con papa Francesco anche la politica torna all’essenziale. O, meglio, a ristabilire sani rapporti tra mondo cattolico e potere istituzionale. A cominciare dalla Chiesa che dovrà essere più profetica, povera e vicina ai poveri, piuttosto che diplomatica e timorosa di dar fastidio ai potenti. Papa Francesco ha chiesto ai vescovi d’essere meno burocrati e più pastori, di stare in mezzo alla gente e avere addosso l’odore delle pecore, per testimoniare la misericordia di Dio più che la bontà degli accordi politici. Così da non essere più una stampella a sostegno di governi che hanno devastato l’etica pubblica, corroso le coscienze e spaccato il mondo cattolico.
Non assisteremo più - per lo meno si spera – a competizione estenuanti tra vertici ecclesiali per aggiudicarsi il rapporto diretto con le istituzioni italiane, quasi fosse una questione di primaria e vitale importanza per la missione della Chiesa. Con papa Francesco finisce il tempo dell’ingerenza diretta nella politica, che deve tornare a essere il terreno proprio dei fedeli laici, adulti e maturi nella fede, fedeli al Vangelo e alla dottrina sociale della Chiesa. Non è più tempo di supplenza e di protagonismo politico nel tessere sotterranee trame e intese, che alla lunga si rivelano un vero boomerang a scapito dell’annuncio del Vangelo.
Già papa Woytjla, nel convegno ecclesiale di Palermo nel 1995, affermava con chiarezza: “La Chiesa non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito, come del resto non esprime preferenza per l’una o l’altra soluzione istituzionale o costituzionale, che sia rispettosa dell’autentica democrazia”. Spetta, quindi, al laicato cattolico affrancarsi da tutele che, in questi anni, l’hanno tenuto in stato di inferiorità e immaturità, e assumersi la responsabilità diretta dell’impegno politico, in vista del bene comune, testimoniando i valori evangelici in una società pluralista, secolarizzata e multietnica. E trovare, nel dialogo con tutti, il più ampio consenso democratico per una convivenza più civile, giusta e solidale.
Alla Chiesa, invece, spetta il giudizio morale su modelli sociali che non hanno a fondamento la dignità della persona e l’uguaglianza di tutti gli esseri umani, al di là del colore della pelle e della provenienza. Con più coraggio e profezia. Il suo compito è al di sopra delle parti, è sul piano dei valori e del pre-politico. Soprattutto è suo compito specifico la formazione delle coscienze.
Dopo il fallimento dell’assise di Todi e per contrastare la loro crescente insignificanza, i cattolici sono chiamati a ritrovare una nuova via che li renda protagonisti e non più gregari mal sopportati in ogni schieramento. L’Italia ha estremo bisogno di un progetto lungimirante per il futuro dei giovani e delle famiglie, che si fondi su solide basi etiche, prima che il Paese si sbricioli del tutto. Purtroppo, vent’anni di contiguità con il berlusconismo hanno intaccato il primato morale della Chiesa e minato la credibilità del mondo cattolico. Per fortuna, ora riscattate e rilanciate da papa Francesco, nel nome del Vangelo e non della politica.