«Dottore, ma è così grave se ogni tanto mi scappa uno sculaccione con mio figlio? E’ davvero sbagliato?». Non so quante volte mi sono sentito chiedere questa domanda dai genitori. Da oggi, se noi fossimo scozzesi, dovrei rispondere alla mamma o al papà in dubbio: «Guardi che è reato».
La Scozia infatti è il primo territorio del Regno Unito che ha messo al bando, per legge, gli schiaffi all’’interno di ogni relazione educativa, sia quelle in famiglia che quelle a scuola. Mamme e papà non potranno più limitare le sregolatezze e i capricci dei figli ricorrendo a sculaccioni o quant’altro.
Da tempo, un movimento internazionale di associazioni e specialisti dell’infanzia, si batte perché le punizioni corporali siano vietate per legge. Le resistenze sono molte ad accogliere un provvedimento di questo tipo. Per molti c’è il pericolo che lo stato intruda all’interno della privatezza famigliare, si arroghi il diritto di determinarne metodi e stili educativi e possa perciò decidere il destino dei figli in base a fatti di portata minimale che non tengono conto della quotidianità che mamme e papà vivono, a fianco dei loro bambini. Paradossalmente, un adulto si potrebbe trovare indagato perché in un momento di sfinimento, ha dato uno sculaccione al proprio figlio. In Italia, dopo la vicenda di Bibbiano, le famiglie vivono già con sospetto qualsiasi intervento venga fatto finalizzato a ridefinire come, quando e quanto la potestà genitoriale può agire sui figli. In realtà lo stato ha il dovere di proteggere e tutelare i minori. E a volte la cronaca ci racconta di bambini picchiati all’inverosimile da genitori che non hanno altro modo per ottenerne l’obbedienza.
Al di fuori degli eccessi e delle situazioni estreme, il dibattito se uno sculaccione faccia male o no ad un figlio resta acceso. Più volte mi sono reso conto che quando ai genitori consiglio di utilizzare il potere dello sguardo anzichè il potere delle mani per sostenere la crescita dei proprio figli, si scatena un coro di proteste. Le motivazioni più addotte sono: «Un ceffone non ha mai ucciso nessuno», «Ho ricevuto tanti ceffoni quando ero bambino e sono diventato un buon adulto», «sono grato ai miei genitori quando mi hanno dato ceffoni, perché me li meritavo e grazie ad essi ho compreso i miei errori». «Oggi si vedono i risultati dell’educazione permissiva che ha messo al bando sculaccioni e ceffoni: infatti il mondo è pieno di bambini e ragazzi maleducati. Un tempo invece, i genitori sapevano come “raddrizzare” le intemperanze dei loro figli».
Siete davvero convinti che queste frasi contengano verità inossidabili? Come psicoterapeuta dell’età evolutiva posso dirvi che è vero che un ceffone non ha mai ucciso nessuno, ma è anche vero che i migliori risultati educativi i buoni genitori li ottengono non facendovi ricorso. Per sostenere le funzioni autoregolative di un bambino è molto più efficace un adulto che parla con voce bassa e tono autorevole, che mentre lo fa si abbassa ad altezza di bambino e lo guarda negli occhi. Che eventualmente lo stringe con le mani sulle spalle per dargli una sensazione oggettiva di contenimento fisico. Tutte queste mosse forniscono risultati educativi e di “contenimento” in occasione di “esplosioni emotive”, più di schiaffi e sculaccioni.
Poi c’è un’altra storia. Ovvero, che molti genitori stanchi e stremati, messi a dura prova dall’insistenza con cui il bambino li provoca e li sfida, non riescono a trattenersi e usano le mani. Spesso si comportano come i loro genitori si erano comportati in occasione di situazioni simili durante la loro infanzia. Se ci pensate bene, questo modo di agire non è consapevole, di frequente è automatico e pulsionale. Ovvero ci fa scaricare nel gesto fisico che tenta di fermare il bambino, un senso di impotenza e inadeguatezza che non sappiamo gestire e regolare dentro di noi.
Sono convinto che le persone a cui succede di dare un ceffone o una sculaccione in base a questa dinamica non siano autori di reato e spesso amano i loro bambini sinceramente e profondamente. Solo che a volte utilizzano il metodo meno valido per gestire una sfida educativa. La legge ha messo al bando la violenza intrafamigliare rivolta alle donne. Oggi siamo tutti d’accordo che non si può risolvere un conflitto di coppia, agendo violenza sul partner. Trovare una sintonia e un’intesa tra partner affettivi, non è una questione di mani, ma una questione di mente, cuore, intesa profonda. Per i bambini, la legge sta mandando lo stesso messaggio, almeno in Scozia. Non credo che le carceri dei Regno Unito si riempiranno di genitori che hanno dato uno sculaccione al loro figlio. Però penso che, quando al parco giochi si vede un adulto che prende a sberle un figlio per farsi obbedire, lo sguardo di molti si farà critico e non approvante. Così come in ogni altra situazione in cui l’adulto che educa definisce il senso del limite attraverso il potere delle sue mani.
Molti di noi sono vittime nell’educazione di autogol clamorosi. Danno una sberla al figlio perché smetta di picchiare il fratellino. Urlano all’infinito per dire ad un preadolescente che non si deve permettere di alzare la voce con suo padre o sua madre. E' in questa tipologia di comportamenti che noi educatori perdiamo la nostra autorevolezza. Forse la legge scozzese non è contro il ruolo dei genitori e nemmeno intrusiva nei confronti degli stili educativi famigliari. E’ semplicemente un monito affinche gli adulti sentano che la loro autorevolezze educativa risiede nella competenza delle loro azioni e non nella potenza delle loro mani. Di questi tempi, con tutta la fragilità emotiva e relazionale di cui noi genitori siamo protagonisti, questo messaggio potrebbe risultarci molto, molto utile. A volte addirittura necessario.